Derivazioni Mozartiane…al Bellini di Catania

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Il Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania, per la stagione sinfonica 2019 ha presentato, giorno 8 e 9 novembre, un programma con due titoli di rara esecuzione del repertorio sinfonico-corale.
Il Concerto n.2 per pianoforte e orchestra in si bemolle maggiore op.19 di Ludwig van Beethoven, ci viene proposto dal pianista Alberto Ferro, che abbiamo già avuto modo di ascoltare in questo palcoscenico sotto la bacchetta di Günter Neuhold nella precedente stagione sinfonica.
Eccellenza della Scuola pianistica catanese del Maestro Epifanio Comis, Alberto Ferro ha raggiunto una notorietà nello scenario europeo in quanto vincitore di numerosi premi, classificato ai primi posti in competizioni di prestigio come il Premio Venezia, l’International Beethoven Bonn e nel 2015 si è affermato con un secondo posto al 60esimo Concorso pianistico internazionale Ferruccio Busoni di Bolzano, vincendo il premio della critica e speciale intitolato ad Haydn.
Il Concerto n.2 op.19 è bene precisare, è nato prima rispetto a quello in do maggiore anche se pubblicato successivamente e fu eseguito da Beethoven in persona nel 1798 a Praga, sotto la direzione di Antonio Salieri.Un concerto potremmo dire mozartiano, modello al quale si ispirò il giovane Beethoven nel comporlo, che nell’Allegro con brio dimostra tutta la freschezza giovanile, dopo la brillante esposizione affidata all’orchestra del Bellini, troviamo l’entrata raffinata del giovane solista che duetta con i legni, vivaci e ricchi d’inventiva, che ripropongono il tema accompagnati dai pizzicati degli archi. Nell’ Adagio delicato e dolcissimo, il solista amplifica il respiro ritmico pieno di intenzioni espressive, concludendo la cadenza in stile recitativo, con il flauto che splendidamente si sovrappone in un’ultima insorgenza di canto. Il Rondò Finale conquista con le sue accentuazioni sincopate, soprattutto nell’episodio centrale esempio di quel virtuosismo tanto caro al compositore, e Alberto Ferro si sbizzarrisce negli audaci salti in contrattempo, esaltando la linea melodica piena di acciaccature e trilli che diventano bensì strumenti essenziali per esprimere i sentimenti, in un intreccio melodico-armonico segno di grande capacità inventiva di Beethoven.
Il dialogo tra piano e orchestra è curato con maestria dal Maestro Elda Laro, direzione illuminata, sicura e piena di energia, che ha privilegiato la direzionalità del flusso musicale, non senza gli opportuni momenti di stupore sonoro, in special modo nel secondo movimento di Beethoven.
Ne è risultata un’interpretazione compatta, che ha ben sottolineato le qualità formali dei brani. Una musicista dalle idee chiare.
Bello l’equilibrio sonoro tra pathos e introspezione, regalato dal coro diretto dal Maestro Luigi Petrozziello nella Messa in Do maggiore K317 per soli, coro e orchestra di Wolfgang Amadeus Mozart, databile 1791, che fu soprannominata Krönungsmesse probabilmente quando venne diretta da Antonio Salieri per l’incoronazione a Praga di Leopoldo II d’Asburgo-Lorena.
Apprezzabile l’impegno dei solisti Gonca Dogan soprano, Maria Russo contralto, Andrea Bianchi tenore, Francesco Verna basso, accompagnati dalla compagine orchestrale che con vigore e brio, in corale raffinato sentimento, hanno evocato nell’esecuzione il fascino della solennità di questo capolavoro.
Alberto Ferro regala al pubblico l’apprezzatissimo bis del piccolo Capriccio di Rossini, style Offenbach, famoso per l’originale diteggiatura consigliata dall’autore, atteggiata nel gesto delle corna che scaramanticamente speriamo, porti fortuna non solo al giovane virtuoso ma anche al nostro bel teatro.

Gabriella Spagnuolo

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