Il 23 settembre a Catania è giornata belliniana per eccellenza, ricorrendo l’anniversario della morte del Cigno etneo, “sì presto estinto fiore” non ancora trentaquattrenne a Puteaux il 23 settembre 1835 .Il Teatro Massimo Vincenzo Bellini sceglie tale data per la ripresa dopo la pausa estiva della Stagione Lirica 2018 con quell’ Adelson e Salvini , unica opera semiseria di Bellini che nel 1825 , appena dieci anni prima , aveva segnato il suo debutto di operista, come saggio finale del corso di studi compositivi presso il Real Collegio di Musica di San Sebastiano a Napoli, allora capitale del Regno, e ancor più della musica . Scelta che ingloba in un unico evento Stagione Lirica e Festival Belliniano, che in questo periodo dovrebbe svolgersi.
Vincenzo Bellini e la sua città natale ancora attendono un Festival che possa definirsi tale , come avviene altrove per altri musicisti e come più volte auspicato , ma, lontana ormai la fortunata stagione degli anni ’90 , il Festival ha patito alterne vicende soprattutto finanziarie , e d’altra parte le sorti del Teatro Bellini – che del Festival dovrebbe costituire la sede naturale nonchè l’artefice principale – non sembrano volgere al meglio nell’immediato. Mentre si respira per il ripristino del finanziamento precedentemente tagliato, finanziamento ancorché esiguo, ecco che sull’Ente Regionale si abbatte la tegola della mancata approvazione dei bilanci, cosa che a detto finanziamento impedisce di accedere e che ha già provocato una pesante riduzione dell’attivià estiva. E come se non bastasse , il Sindaco di Catania, da statuto presidente dell’Ente, potrebbe essere sostituito da una nuova figura indicata dall’assessorato regionale al Turismo, secondo la legge n.9 del 7/05/2015 sul riordino degli enti pubblici. L’anniversario belliniano cade quindi in questa situazione oltremodo incerta – incertezza che d’altronde negli anni è divenuta la regola, non l’eccezione – e sulla quale lancia l’allarme anche una nota unitaria delle segreterie sindacali Cgil Slc, Fistel Cisl, Uil Com. Ugl Spettacolo, Fials, Libersind.
La ricorrenza del 23 settembre 2018 ha avuto come prologo, come di consueto, la celebrazione di una Santa Messa dedicata a Vincenzo Bellini in Cattedrale , alla presenza della dirigenza del Teatro Bellini, il Direttore Artistico Francesco Nicolosi e il Sovrintendente Roberto Grossi, e delle autorità cittadine – ad opera del Comune viene deposta una corona sulla sua tomba, e per il Comune era presente l’Assessore ai Beni Culturali e Pubblica Istruzione Barbara Mirabella – messa impreziosita dal contributo dell ‘Ensemble corale femminile Le Esperidi, “costola” blasonata del Coro dell’Ente , che ha eseguito tra l’altro la Messe Basse di G.Fauré.
L’evento clou è come si è detto, Adelson e Salvini, la prima opera di Vincenzo Bellini – che sta per andare in scena mentre il presente articolo viene redatto – con Fabrizio Maria Carminati sul podio a dirigere Orchestra e Coro del Teatro Massimo Vincenzo Bellini (Maestro del Coro Luigi Petrozziello ), Roberto Recchia alla regia , con Benito Leonori e Catherine Buyse Dian che firmano rispettivamente scene e costumi . Interpreti Carmelo Corrado Caruso e Francesco Castoro nei due title roles, rispettivamente Adelson e Salvini, Josè Maria Lo Monaco e Gabriella Sborgi (Nelly) Clemente Antonio Daliotti (Bonifacio) Giuseppe De Luca (Struley) , e ancora Lorena Scarlata ( Fanny) e Kamelia Kader (Madama Rivers), Oliver Purchauer (Geronio). L’allestimento proviene dal Teatro Pergolesi di Jesi dove è andato in scena nel 2016 in coproduzione col Bellini.
Il successo arriso alla prima rappresentazione del Carnevale del 1825 fece sì che l’opera , o meglio la commedia per musica – a tale genere si ascrive il primo lavoro belliniano, con i dialoghi parlati e il basso buffo, Bonifacio, che parla e canta in dialetto napoletano – fosse replicata ogni domenica per un anno. Bellini in seguito, nel 1828, ne rimaneggia la partitura , riduce gli atti da 3 a due, sostituisce i dialoghi con i recitativi secchi e riscrive in italiano la parte di Bonifacio, ma questa seconda versione , di cui si pensa che alcune modifiche siano state delegate da Bellini all’amico Francesco Florimo, deve attendere il 23 settembre 1992 perché, con la revisione del musicologo catanese Domenico de Meo, vada in scena al Teatro Bellini per il Festival Belliniano 1992 (quello dei tempi d’oro). La versione che sta per andare in scena al Bellini il 23 settembre 2018, con repliche fino al 2 ottobre, è invece proprio quella della prima esecuzione, nell’edizione critica di Casa Ricordi , che ha fatto tesoro di importanti ritrovamenti del 2001 nel Fondo Mascarello della Biblioteca del Conservatorio di Milano . Una prima revisione – che si basava solo sulla partitura autografa incompleta in possesso del Museo Belliniano etneo – si era avuta ad opera di un altro studioso catanese, il compianto Salvatore Enrico Failla, e andata in scena nel 1985 sempre a Catania ma non al Bellini, bensì al Metropolitan. L’opera è insomma un avvincente rompicapo per studiosi e musicologi, e un work in progress non ancora completato che si arricchisce continuamente di nuovi particolari e acquisizioni, e che probabilmente divide gli studiosi in fan della prima e della seconda versione.
Il direttore Fabrizio Maria Carminati , nel corso dell’ incontro “Preludi all’opera” che come di consueto nel foyer del Bellini presenta l’opera che va in scena , si dichiarava sostenitore della versione del 1825 : “Amo molto questo Bellini che è in formazione ma è già il Bellini de I Puritani….l’opera è strumentata con molta intelligenza . L’orchestra è brillante , come in Rossini , ma le nuances sono già del Bellini maturo” . L’opera contiene infatti almeno due gemme assolutamente e compiutamente belliniane , l’aria finale di Salvini “Sì cadrò ma estinto ancora” e l’aria di sortita di Nelly “Dopo l’oscuro nembo” che , mutata di tonalità , poi diventerà “O quante volte o quante” ne I capuleti e Montecchi ( mentre la Sinfonia in due tempi diventerà in seguito quella de Il Pirata ). Il maestro Carminati si dichiarava molto soddisfatto del lavoro compiuto con un cast definito ottimo e formato da giovanissimi, alle prese con ruoli impegnativi , come può essere ad esempio la difficoltà di alcune tessiture per i personaggi femminili che nel 1825 furono interpretati da voci maschili , o per il tenore ( Salvini interpretato da Francesco Castoro) che è sì di derivazione rossiniana per acuti e agilità ma deve anche affrontare parti cantabili nella tessitura centrale . Il regista Roberto Recchia , di nuovo a Catania dopo il fortunato Don Gregorio di Donizetti del 2010, manifestava la speranza che Adèlson (” da libretto – sottolineava- la dizione giusta è questa”) e Salvini ottenga il giusto riconoscimento , ed evidenziava l’importanza del personaggio di Bonifacio, il servo sciocco ma di buon senso , scritto in un napoletano antico che ha creato a volte anche problemi di traduzione e comprensione. (interpretato dal campano Clemente Antonio Daliotti, l’unico proveniente dall’allestimento di Jesi). Bellini scrive questa sua unica opera semiseria – la sua produzione successiva perderà tutti i caratteri comici – e il regista ravvisava nel riuscire a calibrare gli elementi comici e seri una delle maggiori difficoltà. In questa compagnia di giovanissimi il decano è rappresentato dal baritono Carmelo Corrado Caruso (Adelson) artista siciliano di lunga carriera che proprio sul palcoscenico etneo è stato di recente un ottimo Riccardo de I Puritani , ha quindi cantato l’ultimo Bellini , ed ora debutta il primo : “Certo, l’ascendenza rossininiana è evidentissima – afferma – eppure Bellini c’è già , e devo dire che Riccardo e Adèlson non sono poi così distanti per tessitura e anche per il ricorso alle agilità. Naturalmente per entrambi il baritono vero e proprio è ancora lontano, dobbiamo attendere Donizetti e più ancora Verdi . Definirei i due ruoli belliniani piuttosto da basso acuto ” . Josè Maria Lo Monaco, mezzosoprano di rango, si dichiara felice di debuttare nella natìa Catania il primissimo Bellini : “Immenso privilegio per un mezzosoprano interpretare un gioiello come “O quante volte o quante”, pur se con un testo diverso e diversa tonalità”
Va ricordato , nell’ambito delle celebrazioni belliniane , che è in corso di svolgimento, presso il Monastero dei Benedettini , sede universitaria, e il foyer del Teatro Bellini , organizzato dall’Università di Catania – Dipartimento Scienze Umanistiche, in collaborazione con Il Teatro Bellini , la Fondazione Bellini, il Centro Documentazione Studi Belliniani e l’ADUIM (Associazione Docenti Universitari Italiani di Musica) , il Convegno internazionale “ Il teatro di Bellini – spettacolo, prassi esecutiva, multimedialità” ( 22 e 23 settembre 2018
Il Convegno “si propone di affrontare le problematiche relative alla realizzazione e alla diffusione dell’opera di Bellini, con particolare attenzione alla dimensione performativa, , all’esecuzione musicale e agli interpreti, alla registrazione audio e videoalla registrazione audio e video, alla diffusione dell’opera belliniana tramite radio, televisione, cinema, piattaforme Web, social media.” e vede la partecipazione di nomi autorevoli della ricerca musicologica quali Giuseppe Montemagno, Evan Baker, Emanuele Senci, Candida Billie Mantica, Andrea Malnati, ed altri (Comitato scientifico composto da Fabrizio della Seta, Maria Rosa De Luca ; Graziella Seminara.
Un’opera di esordio per un debutto carico di aspettative: Adelson e Salvini al Bellini di Catania
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