Successo di pubblico e prevedibile sold out per il penultimo appuntamento della rassegna “Un’estate da Re”, voluta dal Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, in collaborazione con la Scabec Spa società in house per la valorizzazione dei beni culturali regionali, che sabato 28 luglio alle ore 21, ha visto in scena, sul palco del belvedere di San Leucio, Cavalleria Rusticana, capolavoro di Pietro Mascagni su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci. La manifestazione, grazie alla partnership con i due teatri lirici campani, il San Carlo di Napoli e il Municipale Giuseppe Verdi di Salerno, ha portato la grande musica nei siti borbonici del territorio casertano e così, la Cappella Palatina di Palazzo Reale, l’Aperia nei giardini all’inglese del Parco ed il Belvedere di San Leucio ( area, che insieme all’Acquedotto Carolino è patrimonio Unesco dal 1997) sono diventati teatro dell’avveduta ed eterogenea programmazione di Antonio Marzullo inserita in un sapiente piano di promozione e rivalutazione territoriale.
Il Belvedere di San Leucio, già sede dal 1999 del Luciana festival con la medesima finalità di rilancio, è un complesso monumentale voluto da Carlo di Borbone re di Napoli e di Sicilia, che nasce su un più antico feudo dei conti Acquaviva di Caserta, noto come Palazzo del Belvedere o Palagio Imperiale, successivamente inglobato, come ancora è visibile, dalle architetture progettate da Francesco Collecini, primo intendente del Vanvitelli, e destinate alla nascita della Real Colonia di San Leucio. Il dispotismo illuminato di Ferdinando IV ne fece sede di un’avanguardia del processo produttivo della seta ma più ancora dell’esperimento di una comunità il cui vivere associato fosse ispirato a principi di uguaglianza sociale ed economica, che culminò nella promulgazione degli Statuti di San Leucio, fortemente voluti dalla consorte Maria Carolina da Asburgo Lorena.
Questa la cornice che ha ospitato il titolo manifesto del verismo in musica ispirato ad una novella di Giovanni Verga, affresco della Sicilia di un tempo che fu e di una tragedia che si consuma tra tradimenti ed omicidi al sole dell’Italia del Sud.
L’Orchestra Filarmonica Salernitana, affidata alla direzione carismatica e bene equilibrata del maestro Francesco Ivan Ciampa, reduce dai successi dell’Arena di Verona, ha dato ottima prova. La padronanza dei mezzi espressivi ha consentito al direttore campano la resa pregevole e inaspettatamente più intimistica del bis dell’intermezzo richiesto a gran voce dal pubblico.
Amarilli Nizza è stata una impareggiabile Santuzza, impeccabile nell’intonazione, adeguata nel timbro, nei volumi, nelle intenzioni e assolutamente a suo agio sulla scena che l’ha vista vittima della sua passione di donna, abbandonata e disonorata dal Turiddu di Diego Cavazzin.
Il tenore, che ha principiato con opportuna verve nella Siciliana, ha patito un affaticamento nella parte centrale dell’opera con un breve vuoto di memoria nel brindisi, ma il finale ha più che compensato una défaillance che è sempre in agguato sul palcoscenico per chiunque,
Mamma Lucia, personaggio psicologicamente complesso diviso com’è tra l’amore di madre e la solidarietà di genere, rassegnato ma fulcro della prospettiva di questa regia, è stata interpretata con sobrietà e contegno introspettivo dal mezzosoprano Elena Traversi che ha evitato le esasperazioni espressive di una abusata prassi, per dare fisionomia longilinea e da donna ancora giovane (nella novella Mamma Lucia avrebbe circa 45 anni) con corpo vocale omogeneo e appropriato e peecisa recitazione; perfetta è risultata l’intesa con Amarilli Nizza.
Abiti sgargianti, a renderla immediatamente riconoscibile, e una sottile irriverenza per la Lola portata in scena da Patrizia Porzio.
Appesantita e inspiegabilmente quasi preoccupata è stata la prova del baritono Alberto Mastromarino, nel ruolo per lui non nuovo di Alfio, rivale in amore sbeffeggiato dal protagonista.
Riccardo Canessa firma una Regia rigorosa incentrata sui temi del lutto e della fede che incontra la semplicità dell’allestimento scenico: a sinistra la modesta locanda di Lucia, al centro in una prospettiva calamitante campeggia il sagrato della chiesa, luogo per la verità tutt’altro che scevro da contraddizioni, che apre alla piazza di Vizzini rovente nella calura siciliana e simbolo del più bieco perbenismo.
La centralità del legame madre figlio trova sacra corrispondenza nell’ambito delle celebrazioni per la Pasqua e davvero toccante risulta il momento culminante in cui Lucia, consumatasi la tragedia della gelosia, si accascia al portone della chiesa vittima di un epilogo ineluttabile e di un dolore destinato a non trovare consolazione.
Il Coro, preparato da Francesco Aliberti ha dato prova adeguata assumendosi il rischio di esecuzioni in piano che non è riuscito del tutto a sostenere, non agevolato in questo dalla dispersione propria degli spazi aperti.
Prossimo ed ultimo appuntamento il giorno 7 agosto all’Aperia della Reggia con l’attesissimo recital di Jonas Kaufmann e Maria Agresta.
Mariapaola Meo
Video per gentile concessione della sig.ra Traversi dal suo canale Youtube
Foto di Emanuele Ferrigno ©