Tango per poter gridare nuncamas!

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Esistono vicende storiche dell’altro ieri che non possiamo dimenticare, esistono spettacoli che nascono dal cuore e raggiungono l’anima, esistono autori che con delicatezza ed empatia prestano la voce a chi non può più parlare. Un copione bellissimo firmato Francesca Zanni, affidato alla regia di Pinuccio Bellone, due giovani attori della compagnia La corte dei folli ed una storia apparentemente lontana, ma che in realtà anche a distanza di anni, scuote chiunque creda nella libertà, nella giustizia, nella vita, parole che esprimono concetti sacri e fondanti della civiltà. Parole grandi, importanti, come dice la protagonista Carla. Tango racconta di un’intera generazione spazzata via: “ … Quando ci hanno preso stavamo dormendo, sono entrati dentro casa sfondando la porta. Non ci hanno dato neanche il tempo di vestirci, ci hanno messo le manette e un cappuccio in testa e ci hanno portato via.”
Argentina, dal golpe del 24 marzo 1976 i generali attuano una strategia militare e mediatica, imperniata sulla desaparición, un calvario di tortura per 30.000 giovani, cui si devono aggiungere 15.000 fucilati e molte migliaia di esiliati. “Il segreto sta nel rapporto con i media. È importante capire che in un sistema mondiale televisivo, vale a dire iconografico, esiste soltanto ciò che viene rappresentato. L’invisibilità dei cadaveri nega l’esistenza della violenza, lascia un margine di speranza ai familiari, rende possibile il bagno di sangue senza che la società prenda coscienza di quanto sta accadendo e si ribelli”. (Il viceconsole italiano dell’epoca Calamai).
Tango è uno spettacolo di denuncia sociale e di attualità, infatti non tutti sanno che lo Stato Italiano, insieme ai familiari delle vittime, ai sindacati CGIL, CISL E UIL, si è costituito parte civile contro i militari argentini responsabili della scomparsa di cinquecento cittadini italiani (di cui quarantacinque nati in patria), vittime delle atrocità di una dittatura che ha rappresentato l’ennesimo crimine contro l’intera umanità. Tango ha debuttato sulla scena nel 2000 al Teatro dell’Orologio di Roma ed è stato trasmesso dalla Rai per “Palcoscenico” nel febbraio 2002 ottenendo i Patrocini di Amnesty International, delle Abuelas de Plaza de Mayo e di Ponte della Memoria.
Una messa in scena essenziale ma già di per sé inquietante (un mucchio di scarpe accatastate lì, nel mezzo del palco; a sinistra la branda su cui spesso giace la protagonista, a destra uno scorcio della casa di Miguel) che punta sulla forza del racconto che intreccia passato e presente, due vite, due destini che non sembrano avere punti di contatto, due monologhi che procedono in maniera parallela, che man mano si intrecceranno ricomponendo la trama sul finale in cui l’uomo e la donna balleranno insieme un tango struggente.
«E ogni volta che stringo alla vita una ragazza e poggio il viso sul suo viso, e sento la musica che mi fa bollire il sangue, io sogno di ballare un tango con Carla»
Non vi sveleremo altro perché la forza di questo spettacolo è nell’intensità della scrittura resa in maniera commovente dalla bravissima Giulia Carvelli credibilmente calata nel ruolo di Carla e da Stefano Sandroni che a sua volta ben caratterizza la progressiva perdita d’identità del suo personaggio.
Tango, per non dimenticare, per potere gridare nuncamas, per continuare nella ricerca di giustizia e verità, per chi ancora non sapeva, calorosamente applaudito dal pubblico, con la partecipazione dei ballerini Susi Lillo e Piermario Mameli visto domenica 18 febbraio 2018 al teatro Genovesi di Salerno nell’ambito del Festival Nazionale Teatro XS.

Dadadago

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