E’ uno sguardo lucido, ironico, empatico seppur temprato dall’esperienza e dunque dal disincanto, quello che il professor di francese Ardeche riserva il primo giorno di scuola nella banlieue di Les Izards, ai suoi allievi undicenni. Una classe multietnica di Tolosa specchio tangibile delle contraddizioni, delle difficoltà relazionali tra diverse mentalità, ma anche della complessa realtà che attualmente investe tutto l’occidente. Il cultore di Voltaire, interpretato da un brillantissimo Fabrizio Bentivoglio, ha già classificato lo sparuto gruppetto di piccole belve, la Sesta C.
I bambini negli anni si susseguono ma nella sua esperta saggezza li riconosce a secondo del banco scelto: il fuggipresto, panorama, raffreddore, cartoon, la missionaria, la campionessa, l’adulto, il boss, il rassegnato, il bodyguard, l’invisibile…
Sarà come tutti gli anni un duro percorso, tra piccoli incidenti, compiti come terreni minati, tisane di tiglio, tolleranza, imperturbabilità zen, diplomazia, la terribile gita scolastica che deve mediare sul cibo indù, mussulmano ed ebreo, per far sì che ogni studente arrivi al traguardo finale, scandito ogni settimana dall’incontro per un’ora con i loro genitori.
A raccontare l’evoluzione del tessuto sociale, i cambiamenti che riguardano tutti è il testo lieve ma profondo dello scrittore e drammaturgo Stefano Massini che con L’ora di ricevimento affronta attraverso il mondo scolastico la contemporaneità (ed il futuro) con le sue urgenze di convivenza e rispetto delle diversità. Costruito da una successione di scontri e incontri con madri, padri, fratelli, a loro volta frutto di culture rigide e autoreferenziali, sapremo dei giovani discepoli, che in scena non compaiono mai, contesti e usanze, di un “fuori” che divide e separa e puntualizza e stigmatizza e proibisce; il dramma dell’esclusione sociale che solo il raziocinio, la bellezza e la giustizia non riescono ad arginare. Ma la posizione va mantenuta, arrendersi non è possibile… Il cinismo che Ardeche oppone ad una realtà babelica, perennemente in procinto di esplodere, in cui l’incomunicabilità (vedi il genitore che rifiuta il francese esprimendosi in arabo, mentre traduce la moglie velata e sottomessa) sostituisce il dialogo, è una maschera difensiva ma la scelta è rimanere in prima linea nella consapevolezza finale di errori e fallimenti.
Un testo impegnato, ricco di momenti caustici e paradossali, con qualche punta di amarezza, dominato dalla recitazione sfaccettata di Bentivoglio, superlativo nel monologo iniziale, costantemente a suo agio nella lunga durata e bravo anche Francesco Bolo Rossini, che qui impersona il professore di matematica, ricercatore frustrato alle prese con boa, pitoni e serpenti spernacchianti (i suoi alunni!). Ad affiancarli Giordano Agrusta, Arianna Ancarani, Carolina Balucani, Rabii Brahim, Vittoria Corallo, Andrea Iarlori, Balkissa Maiga, Giulia Zeetti, Marouane Zotti che ben caratterizzano i costumi e le abitudini delle varie etnie, ma non sempre mantengono alto il livello recitativo. La regia dello spettacolo è di Michele Placido che punta molto sul carisma e sull’intensità del protagonista.
Non convince invece l’uso dello spazio scenico (spesso gli attori posizionati sul fondo, perché?) e forse gioverebbe al ritmo complessivo qualche taglio testuale nella seconda parte. La scena scarna di Marco Rossi rende coi suoi accenni, una cattedra di legno, sedie sparse, una finestra da cui un albero annuncia le stagioni, lo squallore dell’aula ammuffita della banlieue e ci son piaciute le musiche originali di Luca D’Alberto e la voce di Federica Vincenti. Costumi di Andrea Cavalletto, luci di Simone De Angelis.
Alto gradimento al Teatro Bellini di Napoli martedì 7 novembre 2017 per L’ora di ricevimento in scena sino al 12.
Dadadago