L’universale linguaggio della danza di Roland Petit strega il pubblico del San Carlo

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Il Teatro di San Carlo all’interno della rassegna San Carlo Opera Festival dedica un’intera serata al coreografo che ha segnato con le sue creazioni e intuizioni la seconda parte del novecento indirizzando il gusto del pubblico con Soirée Roland Petit, in scena dal 22 al 26 luglio 2017.
Una serata che con leggerezza ha trasferito tematiche tipiche dei balletti di Roland Petit e specialmente l’idea che la danza debba essere pienamente nel proprio tempo e parlare la lingua dei contemporanei.

Roland Petit nell’arco dela sua carriera ha coreografato non solo per il teatro ma anche per il cinema e il varietà, ha trasferito i suoi balletti nei Palazzi dello sport per raggiungere i giovani e parlare il loro linguaggio.
Opera esemplare è Pink Floyd Ballet del 1972, nata a seguito della richiesta della figlia di creare una coreografia sulla musica del complesso inglese. Un difficile connubio che ha trovato una eccellente realizzazione a termine di una lunga gestazione, nel corso della qualei Pink Floyd, entusiasti, hanno riscritto le musiche proprio per il balletto, e alla prima realizzata al Palazzo dello Sport di Marsiglia, erano in scena insieme ai danzatori del nascente Ballet de Marseille.
Nella coreografia Roland Petit ha voluto consolidare il linguaggio proprio dei concerti con l’uso delle luci a fascio che interferiscono con la visione del pubblico.
Un balletto dove esaurientemente il suo linguaggio coreografico si innesta nell’epoca contemporanea, un linguaggio fatto di contaminazioni di stili – se così si può dire – dove i danzatori dai solisti al corpo di ballo incarnano lo svilupparsi di sequenze narrative dal sapore astratto, dense veloci dinamiche ed elettrizzanti.
Un balletto che è piena espressione degli anni settanta, sia con lo stile della danza che oggi appare dal gusto retrò, sia per la voglia di portare la danza fuori dagli spazi angusti dei teatri.
Il Corpo di Ballo ed i Solisti del Teatro di San Carlo, diretti da Giuseppe Picone, hanno restituito appieno lo stile coreografico di Roland Petit, trascinando il pubblico in un universo immaginario la cui trama è la gioia della danza e del movimento danzato.
Nonostante il primo brano di gruppo in cui le diverse anime dei ballerini sono emerse a discapito di un’intensa coralità, la compagine ha saputo valorizzare l’eccesso di energia per una ottima esecuzione.
Una grande energia espressa dal gruppo dei danzatori propria della coreografia tanto che hanno  realizzato un bis riproponendo One of these days proprio come avviene per i concerti.
La prima parte della serata ha visto eccellere e condurci nei più sensibili ambiti dei sentimenti, i più intimi e reconditi che ci possano essere, con il passo a due tratto da La rose malade, un balletto senza trama creato nel 1973, interprete principale Maya Plyssetskaia.
Il balletto ispirato alla poesia di Blake The sick rose su musiche di Mahler, interpretato magistralmente da Maria Eichwald che ha saputo trasmettere l’ampia gamma dei sentimenti dalla leggerezza e inconsistenza al dolore fisico e morale, al lasciare progressivamente la vita, con i suoi aplomb, le sue lunghe e dolorose braccia fluenti nell’etere in cerca di vitalità, accompagnata da un magistrale Giuseppe Picone che ha saputo condurre nel lungo dispiegarsi del racconto tragico.
Tratto da Proust ou les intermittences du cœur del 1974 il passo a due Morel et Saint-Loup ou le combat des anges, dodicesimo quadro all’interno del balletto, esprime la sfida tra gli angeli, dove Morel angelo diabolico introduce Sait-Loup angelo biondo e buono al negativo e con strategie lo conduce nel vizio, lo seduce e divengono amanti. Questo balletto è basato sull’universo immenso della Recherche du temps perdu di Proust e Petit sintetizzando lo rappresenta come la contrapposizione tra il mondo della felicità e quello della perversione. Ad interpretare il passo a due mostrando ampia sintonia e momenti di puro lirismo Alessandro Staiano e Stanislao Capissi, e in altri sono apparsi un po’ attardati rispetto alla coreografia.
Primo brano della serata tratto da Ma Pavlova del 1986 Gymnopédies su musiche di Satie,  in onore della grande danzatrice, ne ripropone in modo stilizzato l’essenza, anche se nell’interpretazione di Anna Chiara Amirante e Giuseppe Ciccarelli è apparso una maggiore attenzione alla giusta esecuzione piuttosto che interpretare stilisticamente il brano.
A seguire i danzatori nella ripresa delle coreografia il maestro Luigi Bonino, grande interprete dei balletti di Roland Petit, insieme al maestro ripetitore Lienz Chang.

Tonia Barone

Foto di Luciano Romano

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