Non è stato semplicemente uno splendido oncerto, quello offerto dal Maggio della Musica, nell’ambito della Stagione 2017, lunedì 5 giugno nella veranda neoclassica di Villa Pignatelli a Napoli, ma un evento veramente speciale che, oltre a rientrare nel festival brahmsiano, realizzato nel triennio 2014-17, ha visto il maestro Michele Campanella festeggiare il suo settantesimo compleanno nella sua cara Napoli, insieme al prestigioso Quartetto d’Archi della Scala di Milano.
Due i capolavori di Brahms in programma, il Quartetto in do minore n. 3 per pianoforte e archi, op. 60 e il Quintetto in fa minore per pianoforte e archi, op. 34, pagine in cui si rispecchia l’animo sensibile di un musicista che concluse la mirabile parabola del romanticismo musicale tedesco, e che affidò alla musica da camera le sue ispirazioni più belle e più profonde. Terzùltimo appuntamento del ciclo Brahms, intrapreso nel 2014 e condotto con grande successo di pubblico, e fausta giornata per il maestro Campanella che per la prima volta ha eseguito un concerto alla presenza , oltre che di un pubblico foltissimo, dei suoi cinque figli, definendo ciò «il più bel regalo che avrei potuto desiderare»
Accanto a Campanella, il Quartetto d’archi della Scala, formato da Francesco Manara e Daniele Pascoletti ai violini, Simonide Braconi alla viola e Massimo Polidori al violoncello: una formazione di classe, che ha incantato il pubblico partenopeo che ha goduto, con particolare gioia ed emozione, della sua eccellenza tecnica e musicale, della bellezza del suono e della preziosa cantabilità.
Pur rimanendo sempre ancorato alla sua amata “forma”, agli schemi classici, in una ricerca quasi ossessiva di disciplina e di equilibrio (in lui tutto viene stemperato da un raggio laser che deposita i detriti dell’ispirazione in gemme lavorate al fuoco lento del raziocinio), Brahms dà vita ad una vena melodica ricca di combinazioni orizzontali, verticali, ritmiche e timbriche, che alimentano straordinari sviluppi e lunghe code in una continua fusione degli opposti, stile classico e sentimento romantico, osservanza della tradizione e sentimento individuale. Una musica che si muove negli ambiti delle forme consolidate, innervate, però, di nuova linfa.
Infinite le emozioni che hanno generato le pagine eseguite durante il concerto: la composizione del Quartetto in do minore op. 60, intenso affresco sonoro di elementi profondamente autobiografici, ha una genesi legata agli anni in cui il musicista, dopo la morte di Schumann, si era avvicinato alla vedova Clara Wieck, pur non avendo ancora avuto il coraggio di manifestarle il suo amore. L’Allegro non troppo iniziale è estremamente lugubre (Brahms stesso lo paragonava ad un uomo cui non resta altra scelta che spararsi) e presenta un primo tema che esprime una grande potenza drammatica. Parimenti drammatica e tempestosa l’atmosfera dello Scherzo (Allegro) che gioca sul tema ritmico e vigoroso del pianoforte insieme ad un altro più misterioso. La quiete interiore arriva solo con l’Andante, in forma di romanza, in tonalità maggiore, in cui gli archi cantano la melodia con estrema delicatezza. Ma dura poco: l’Allegro comodo del Finale riporta l’ascoltatore al do minore e al cupo turbamento dei primi due movimenti, fino a quando una coda catartica conclude il quartetto virando nuovamente in do maggiore.
Anche il Quintetto in fa minore op. 34, considerato il pezzo di musica da camera più travolgente ed eroico di Johannes Brahms, nasce dal travaglio interiore, da quel particolare stato d’animo del compositore che sfocia visibilmente nella scelta dei tempi, nella qualità del suono, negli stacchi dinamici. Qui al pianoforte viene affidato un ruolo concertante di primaria importanza, mentre agli archi, impegnati in una serie di giochi e rimandi timbrici, quello di offrire una continua tensione armonica che provoca nell’ascoltatore, sia nell’Allegro non troppo iniziale che nell’Andante un poco Adagio, una sorta di insoddisfazione che lo scuote intimamente, fino alla passionalità che prorompe, invece, nello Scherzo. Un presagio oscuro e pessimista apre il Finale, ma è solo un attimo, poiché il Quintetto conclude con una splendida e grandiosa coda.
Evidenti l’ assoluto senso cameristico e la capacità di pensare la musica all’unisono del Quartetto d’archi della Scala che, con il maestro Campanella, figura di assoluta grandezza nel panorama del pianismo contemporaneo, ha interpretato in modo memorabile non solo questi due capolavori, ma anche il bis, richiesto da prolungati applausi, lo Scherzo del Quintetto di Martucci, musicista napoletano che ebbe la fortuna di conoscere personalmente Brahms a Bologna nel 1888. Un fuoriprogramma veramente gradito, non solo dal pubblico ma anche dallo stesso maestro, il Quartetto ha intonato mirabilmente le note di un affettuoso Happy Birthday .
E’ stata una serata indimenticabile.
Il pubblico, emozionato, ha tributato ai musicisti lunghissimi minuti di scroscianti applausi, ed è andato via pieno di musica, di bellezza, non prima di aver augurato nuovamente al maestro Campanella un sincero Buon Compleanno sgorgato dal cuore.
Katia Cherubini