Ultimo spettacolo: “Tutti a casa”, di Luigi Comencini

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Luigi Comencini con il film “Tutti a casa” (1960) realizza la più lucida analisi dei tragici avvenimenti seguiti all’8 settembre.

La locandina del film

La trama

Veneto, 8 settembre ’43. Il sottotenente Innocenzi (Alberto Sordi) cerca un comando dove presentarsi ma l’esercito italiano è sbandato e senza ordini dopo l’armistizio.

Innocenzi si mette in marcia verso casa con i militari Fornaciari (Martin Balsam), Codegato (Nino Castelnuovo) e Ceccarelli (Serge Reggiani). Al gruppo si unisce Silvia (Carla Gravina), una giovane ebrea.

Codegato è ucciso dai tedeschi per impedire la cattura di Silvia, che riesce a fuggire.

I tre militari raggiungono la casa di Fornaciari ma quest’ultimo è arrestato dai fascisti, poiché sua moglie ha dato rifugio ad un soldato americano.

Innocenzi e Ceccarelli fuggono e, dopo altre peripezie, arrivano a casa di Innocenzi, in una cittadina del Lazio, dove suo padre (Eduardo De Filippo) gli propone di arruolarsi nell’esercito della RSI.

Infine, Innocenzi e Ceccarelli arrivano a Napoli allo scoppio delle Quattro Giornate e l’ex sottotenente, dopo la morte del suo compagno, decide, finalmente, da che parte stare, iniziando a combattere contro i tedeschi.

Il commento

Luigi Comencini con “Tutti a casa” (Ita/Fra, 1960), realizza un film che, a tutt’oggi, è senza dubbio la più lucida analisi dei tragici avvenimenti seguiti all’8 settembre.

Grazie ad una sceneggiatura perfetta (scritta con Age, Scarpelli e Marcello Fondato, basandosi anche su ricordi personali) che concilia felicemente la commedia con il dramma, l’ironia con il rigore storico, Comencini inizia a rompere la coltre di silenzio calata durante gli anni ’50 sul cinema italiano riguardo i temi della guerra e della Resistenza.

Il regista vuole “ricordare” la Storia, ancora relativamente recente, in un’Italia resa ottimista del boom economico, dove è in atto una rimozione collettiva della memoria degli stracci e delle miserie della guerra.

Il film è una sorta di road-movie, con protagonista una memorabile galleria di personaggi, un gruppo di sbrindellati soldati, che attraversa mezza Italia, con la speranza di tornare a casa, illudendosi di dimenticare gli orrori della guerra.

Comencini, con “Tutti a casa”, inizia una nuova fase del cinema italiano, ridisegnando tecniche narrative e generi, grazie anche all’apporto di straordinari sceneggiatori.

Nel film il regista non presenta nessuna tesi preconfezionata, né esprime giudizi moralisti nel racconto di un soldato italiano nella fase più confusa e drammatica della storia recente, mostrandone anche meschinità ed egoismi, astuzie e insicurezze.

Gli interpreti

La recitazione di tutti gli interpreti è notevole ma è Alberto Sordi a primeggiare.

Sordi, infatti, nel film si libera dalle scorie del consueto “italiano medio”, da lui solitamente impersonato, e offre un’interpretazione ricca di sfumature, sia comiche, sia drammatiche, di impeccabile misura e intensità.

Il regista

Luigi Comencini è una delle colonne del cinema italiano del dopoguerra. Il suo neorealismo è sempre ammorbidito da toni divertenti e popolari e le sue commedie hanno sempre uno sguardo leggero ma attento alla società. Le sue narrazioni sono sempre funzionanti, occupandosi, spesso, con attenzione e sensibilità dell’infanzia.

Seppure la critica ritenga, sovente, la sua filmografia inferiore ad altre esperienze autoriali, a distanza di oltre sessant’anni, “Tutti a casa” rimane uno dei migliori film di Luigi Comencini ed uno dei momenti più alti del cinema italiano.

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