Francia. Parigi. Più o meno nel nostro tempo. Un muro. Una macchina, due passeggeri, si schianta. Vetri rotti. Lamiere contorte. Abisso. Vortice nero/grigio che inghiotte.
Un sopravvissuto Victor. Ospedale. Una donna, non sappiamo chi sia, forse una badante o un’ infermiera, poi capiremo essere Marion, si occuperà dell’uomo che dimesso tornerà a casa, ma che per lo shock ha perduto (temporaneamente o per sempre?) la memoria.
Un lungo percorso lo attende, assieme a lei, tappa dopo tappa, tassello dopo tassello, per ricostruire la propria identità, per scoprire cosa è successo davvero in quell’incidente che gli ha frantumato il passato, che gli preclude il presente. Sono le prime battute dello spettacolo Il viaggio di Victor del drammaturgo Nicolas Bedos, un testo inedito in Italia, diretto dal regista e attore torinese Davide Livermore, in scena al teatro Mercadante di Napoli dove replicherà fino a domenica 23 febbraio 2025.
La trama si configura prevalentemente in un spazio interno, allestito in maniera che non solo esteticamente risulti efficacissimo, ma che fa parte integrante della narrazione.
La scena voluta dal regista assieme a Lorenzo Russo Rainaldi è costituita essenzialmente dal muro luminoso, il ledwall posto a terra ed un gigantesco specchio inclinato ad occupare la parete centrale, qualche cubo sparso. Ogni gesto si riflette, si amplifica, in un effetto che simbolicamente allude alle specularità dell’animo umano.
Anche la gestualità dei protagonisti, fino ad un certo punto del copione (dalla scena “fuori” quando i due finalmente usciti osservano da una panchina il brulichio della gente parigina, si avrà un cambio di atteggiamento tra Victor e Marion) è a specchio. Allo stesso tempo le bellissime luci curate da Aldo Mantovani e le immagini proiettate corroborano lo svolgersi della visione registica.
Fondamentale alla drammaturgia l’apporto musicale curato da Edoardo Ambrosio, che si avvale di brani bachiani, di Arvo Pärt e l’ultima canzone postuma di John Lennon, usata nel finale catartico, Now and Then. Scelta, secondo noi, non certo casuale ma perfettamente adatta al contesto, dato che è un brano realizzato da una demo del 1977 e “pulito” con l’IA, ossia un frammento di vita di chi non è più tra noi.
La ricerca della memoria diventerà anche un analisi dei rapporti tra i due che nello svolgersi della trama si chiariranno sempre più.
Tra reticenze e ambiguità sapremo che Victor e Marion sono stati sposati e hanno avuto un figlio, Antoine morto nell’incidente, accanto al padre mentre guidava. Tra dialoghi e alterchi rabbiosi, slanci teneri ed intimità ritrovata, nasce il dubbio: lui finge? O ricorda tutto e per riaverla al suo fianco, pur nel dolore, inscena l’amnesia? Lei cerca la verità sulla scomparsa del figlio perduto o ha un bisogno da soddisfare, ovvero mantenere in vita attraverso i ricordi condivisi il suo fantasma d’amore? Non lo sapremo, eppure i due soli, di fronte al nulla, di fronte a vite spezzate e inesorabilmente monche, scelgono insieme, di dare un senso alla perdita, di creare uno spazio per l’anima del loro caro defunto, ritrovandosi abbracciati (ma dapprima tra loro c’è l’immagine proiettata del ragazzo). Spariscono i grigi, i neri, i rossi violenti, la fluidità degli azzurri, la scena si illumina di fiori sgargianti… forse oltre il trauma, oltre lo strazio, la vita è ancora possibile se ci accompagniamo alle anime di chi abbiamo amato.
Nella traduzione di Monica Capuani lo spettacolo è magistralmente interpretato da Linda Gennari nel ruolo di Marion, sempre nella parte, ora disperata, ora tenace, ora materna e paziente, diametralmente opposta nei toni e nella gestualità al suo ex marito.
Non da meno Antonio Zavatteri che dà voce e corpo a Victor offre una prova convincente, caratterizzando il personaggio con una recitazione a tratti ruvida, smarrita quando occorre, assolutamente complementare alla sua partner. Bravissimi ambedue a mantenere una tensione e una suspance durante tutto l’arco narrativo, alle prese con il testo francese che partendo da un dramma familiare indaga con una scrittura scorrevole, le dinamiche relazionali tra uomo/donna, la valenza della memoria nella costruzione dell’identità, l’assenza che si trasforma, come dice il poeta, in più acuta presenza, e lasciamo a voi spettatori gli altri significati presenti in questo lavoro che sembra intonare le note di un requiem.
Con Diego Cerami, in video, nel ruolo di Antoine, coprodotto dal Teatro Nazionale di Genova e Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, il viaggio di Victor si avvale degli abiti di Giorgio Armani e del video maker D-Wok.
Grande successo di pubblico, visto e applaudito giovedì 20 febbraio 2025.
Imperdibile.
Dadadago