L’esordio del Festival XS di Salerno quest’anno è stato affidato alla compagnia CO. C.I.S Teatro 99Posti di Mercogliano (Av) che ha allestito la messa in scena di un titolo per niente facile ma di grande fascino.
Una pura formalità del francese Pascal Quignard nasce dapprima come testo teatrale (strutturato per prestarsi a diverse chiavi di lettura) per poi essere adattato cinematograficamente da Giuseppe Tornatore nel 1994 che scelse come protagonisti Roman Polanski e Gerard Depardieu.
Nel tempo la pièce ha mantenuto inalterati i suoi punti di forza ed il pathos della trama, nonché gli interrogativi che suscita e l’atmosfera inquietante, con il suo finale spiazzante.
La bella scenografia, originale e calzante di Marina Parrilli, le luci curate da Luca Aquino (insieme al regista Gianni Di Nardo) ci regalano l’alone di thriller psicologico che ammanta tutta la performance.
Il punto di vista di noi spettatori, trascinati in un non luogo che apparentemente sembra essere un asfittico commissariato di polizia, è una grande finestra su cui scroscia la pioggia, che viene anche raccolta dentro la stanza in recipienti di fortuna.
Non manca un grosso gatto che guarda (o sorveglia come guardiano spirituale, come da tradizione esoterica…). Siamo di notte (oscura e ambigua) e un uomo bagnato e infreddolito attende di essere interrogato dal commissario che deve arrivare. L’acqua, altro simbolo associato allo spirito, incessantemente accompagna tutta la narrazione fuori e dentro lo spazio angustiante, sottolineando dialoghi e pause, mentre proseguendo nello sviluppo dell’azione si ribalta ciò che sembrava all’inizio: il fermo di polizia non è solo una pura formalità, c’è stato un omicidio e il dialogare tra il funzionario e lo scrittore sospettato Onoff che non ricorda, dando risposte vaghe e contraddittorie, ci condurrà verso l’alba (verso la luce) alla soluzione non convenzionale dell’indagine.
Se ricordare è un po’ morire come dice la bellissima canzone di Tornatore/Morricone forse non si può morire senza ricordare tutta la propria esistenza… Senza dilungarci nei flashback, nella sfaccettata interazione tra i due personaggi principali, interpretati rispettivamente da Maurizio Gluck Picariello nella parte del fermato e da Paolo Capozzo che è il commissario talvolta paziente, talvolta pressante, diciamo che in questa riproposizione firmata Gianni Di Nardo non manca il senso di claustrofobia, di noir, di sospensione che la scrittura suggerisce. Gli attori tra cui anche Antonio Colucci nelle vesti del gendarme che redige il verbale, sono a loro agio sul palco ma forse il ritmo recitativo che non sempre procede spedito e complice l’audio, fanno sì che qualche momento non raggiunga quella incisività che necessita. D’altronde il testo e i personaggi sono particolarmente complessi e lodevole lo sforzo della compagnia di accettare una sfida così impegnativa, ripagato dall’apprezzamento del numeroso pubblico, coinvolto nella resa scenica anche dalle immagini proiettate in un delicato equilibrio tra teatralità e cinematografia.
Visto il 2 febbraio 2025 al Teatro Genovesi.
Dadadago