Il Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania ci riprova. Dopo il buon successo de Il Barbiere di Siviglia, andato in scena dal 26 novembre al 3 dicembre 2021 e che ha segnato finalmente la ripartenza della Stagione Lirica 2020, l’ 11 e 12 dicembre 2021 riprende la Stagione Sinfonica, con qualche timore sull’affluenza di pubblico legato all’entrata in vigore del cosiddetto Super green pass , ma con un titolo , e un autore , che di pubblico dovrebbe attrarne, e molto.
Si tratta della prima assoluta dello Stabat Mater commissionato dal Teatro Massimo Bellini di Catania a Giovanni Sollima, con Filippo Arriva autore del testo in siciliano. L’eclettico e geniale musicista siciliano, che non ha bisogno di presentazione, è presente nella triplice veste di compositore, direttore e solista al violoncello.
“Madunnuzza, Madunnuzza” è il sottototitolo dell’inedito “Stabat Mater” per controtenore, coro, theremin e orchestra , con Raffaele Pe controtenore, Lina Gervasi al theremin, e le masse stabili dell’Ente lirico etneo (maestro del Coro Luigi Petrozziello )
«Un impegno qualificante per l’ente lirico etneo – affermano il commissario straordinario Daniela Lo Cascio e il sovrintendente Giovanni Cultrera – che promuove la commissione di nuove opere a prestigiosi autori siciliani, affidandone l’esecuzione alle proprie formazioni orchestrali e corali».
L’ evento che unisce la musica contemporanea con un percorso antico, che è quello dello “Stabat” risalente a Jacopone da Todi. Musica originale per versi originali che raccolgono dall’antica poesia di Jacopone solamente l’immagine della Madonna ai piedi della croce sulla quale è stato inchiodato il Cristo. È il dolore di una madre che note e parole s’intrecciano a sottolineare.
In questa visione si è sviluppato il sodalizio con il catanese Filippo Arriva, scrittore, giornalista, drammaturgo e intellettuale a tutto tondo, acuto e sensibile, da sempre innamorato del teatro musicale e non solo, e della lingua siciliana.
«Questo “Stabat Mater” nasce da una proposta di Filippo Arriva, al quale si devono i bellissimi versi. – afferma il maestro Sollima – Per la verità Arriva ne aveva parlato a Riccardo Muti, che gli indicò me come compositore. È un lavoro in otto movimenti, i versi – pur ispirandosi alla “Lauda” di Jacopone – sono molto intensi, la scrittura è visionaria, febbrile, ed è interamente in siciliano anche arcaico. Io ho cercato diverse forme di vocalità che vanno dalla voce incredibile di Raffaele Pe al Theremin (davvero una voce!), fino ad arrivare a un certo utilizzo delle percussioni. Mi muovo tra il rituale e i tanti risvolti – o livelli – di un dolore, evitando ogni forma di folklore».
Incredibile, come la definisce Sollima, la voce del controtenore Raffaele Pe, di richiamo classico e di forza contemporanea a un tempo ; l’artista lodigiano non è solo un cantante, ma un vero e proprio promotore della cultura barocca. Il suo disco “Giulio Cesare. A Baroque Hero” ha vinto il Premio Abbiati nel 2019 e nominato tra i migliori CD del 2018 da “Die Welt” e dal “Times”.
Ha fondato La Lira di Orfeo, ensemble barocco con il quale riscuote da anni eccelsi consensi: il 4 ottobre è uscito in Italia il nuovo cd, la versione per il castrato Senesino di “Aci, Galatea e Polifemo” di Händel, nominato Album della settimana dal “Times”.
« E’ un onore – sottolinea – essere stato scelto da Giovanni Sollima per dare voce al suo “Stabat Mater”. Una parte notevole per le mille sfaccettature espressive: il pianto della madre, lo sconvolgimento della natura, il disfacimento del figlio. Trovo affascinante che per lui il mio timbro sia il più adatto a raccontarle. Anche il testo di Filippo Arriva mi ha molto commosso: sarà l’incredibile suono del dialetto siciliano, o le immagini evocate, così ‘domestiche’ eppure tragiche. Questa lingua ci avvicina al senso profondo del dolore della madre e al tempo stesso lo sublima, lo rende sostenibile perché lo fa apparire familiare». Il theremin, particolarissimo strumento elettronico che deve il nome al suo inventore , il fisico russo Termen (1919) , è affidato a Lina Gervasi , felice ed orgogliosa della scelta di Giovanni Sollima «che ha saputo far vibrare la voce del theremin , mettendo in risalto le qualità timbriche , tecniche ed espressive di questo strumento . Il theremin è uno strumento magico , uno strumento affascinante perché l’esecutore non ha nessun contatto diretto con esso , i suoni vengono prodotti dal movimento delle mani all’interno di un campo magnetico irradiato da due antenne . Nonostante sia stato utilizzato in diverse colonne sonore risulta ancora poco conosciuto nel panorama italiano , è quindi una gioia ed un grande onore poter suonare sul palcoscenico del Teatro Bellini ».
Nella prima parte del programma – lo Stabat ne occupa la seconda – Giovanni Sollima sarà impegnato “solo” come direttore e solista, nel Concerto n. 2 in re maggiore per violoncello e orchestra, Hob:VIIb:2 , ed anche come autore già dal suo “Terra con variazioni” per violoncello e orchestra (2015).
“Il Concerto n.2 – spiega – è una pietra miliare nel repertorio violoncellistico; Haydn osa più dei suoi contemporanei, inclusi ad esempio Boccherini e Cirri, spingendo lo strumento a traguardi tecnici ed espressivi fino a quel momento, ma anche successivamente, poco esplorati. Ciò probabilmente si deve al suo rapporto con un grande virtuoso che suonava nella sua orchestra, il violoncellista Anton Kraft. Io ho preso come punto di riferimento il manoscritto, azzerando le tante stratificazioni che sono succedute. “Terra con variazioni” è del 2015 ma nasce da un jingle, o meglio dal Logo sonoro che mi era stato commissionato dall’Expo in città a Milano. Un brano di un minuto che per mesi, frammentato o sezionato, si udiva dalla metropolitana ad altri luoghi di Milano. Tempo dopo i Pomeriggi Musicali mi chiesero di svilupparlo…pensai subito alla forma delle variazioni, l’unica possibile dato che il tema girava intorno all’energia, al cibo, al clima, alle culture. Il brano viaggia senza sosta, ma il tema appare soltanto alla fine.
Il concerto sarà anche dunque un saggio della versatilità creativa e interpretativa di Sollima. Dal profano al genere sacro, da lui frequentato fin dal 1993 con il “Requiem per la vittima della mafia”. Nello “Stabat Mater” il compositore continua ad esplorare il genere della musica di carattere religioso. La partitura fortemente espressiva porta dentro il dolore di una madre che vede il figlio morire e con delicatezza lo accompagna al momento doloroso, mentre la musica si fa una dolce ninna nanna. Non la morte, ma un sonno pacificatore.