La forza della fusione tra Musica e Immagini: “Koyaanisqatsi”

0

Un viaggio metaforico, straordinario all’Auditorium dell’Accademia Santa Cecilia giorno 12 novembre 2021 grazie alla proiezione del film Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio del 1982 con musiche di Philip Glass.
L’Orchestra e il coro dell’Accademia di Santa Cecilia, si fondono con maestria con il The Philip Glass Ensemble, esecutore esclusivo del repertorio, guidati dall’imperturbabile direttore Michael Riesman, il risultato è di effervescente meraviglia e stupore.
È inevitabile, così come dice Glass, ascoltando un brano musicale e contemporaneamente guardando delle immagini che lo spettatore crei una relazione tra la musica e l’immagine.
Nessuna parola, nessuna trama, solo il titolo, viene ossessivamente ripetuto dalla voce del baritono solista Andrea D’Amelio, mentre è in atto un processo di coinvolgimento personale del pubblico.
Koyaanisqatsi è un termine hopi, che proviene dalla lingua parlata di una popolazione nativo americana dell’Arizona, e vuol dire “vita senza equilibrio”, necessaria di un cambiamento.
Il film inizia con una passacaglia, una forma antica, con un basso ostinato scandito dall’organo, e da qui si edifica gradualmente un contrappunto, il coro maschile con solennità ribadisce la parola Koyaanisqatsie, e il nostro viaggio ha inizio, con splendidi panorami, albe e tramonti, nuvole e ombre, che esaltano la bellezza della natura, a seguire immagini tecnologiche, canali, oleodotti, raffinerie, esplosioni atomiche, e ancora un mondo urbano sovraffollato, con scene rallentate o accelerate che ci immergono in una dimensione diversa, quella del viaggio, che per l’appunto ognuno può fare.
L’obiettivo è quello di esaltare la natura, con i suoi luoghi e fenomeni dalla bellezza incantatrice, in contrasto con la frenesia del mondo metropolitano.
È un autentico capolavoro visivo e di montaggio, Godfrey Reggio enfatizza, amplificando meraviglie ed orrori per renderli più convincenti, creando un racconto di sole immagini, usando la potenza espressiva della fotografia in movimento di Ron Fricka e Alton Walpol mentre la musica in tempo reale e senza manipolazione corre alle velocità delle immagini.
Due diverse percezioni, stimolano lo spettatore e attivano quell’unificazione sensoriale teorizzata da Glass, per far vivere al pubblico un’esperienza unica.
La parola “Koyaanisqatsi”, ripetuta nell’opera, si eleva come un ammonimento, che avverte di una crisi imminente, Glass condivide con Reggio la visione apocalittica della tecnologia e del destino umano, e il razzo che precipita è sicuramente una metafora più che mai attuale.

Gabriella Spagnuolo

Stampa
Share.

About Author

Comments are closed.