Teodor Currentzis all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

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«Si tratta di un’idea a lungo coltivata da un gran numero di musicisti provenienti da tutti gli angoli del mondo: […] creare senza compromessi ciò che la nostra immaginazione musicale ci propone, […] alla ricerca del suono perfetto con musicisti di grande talento».
Questo il pensiero di uno dei più grandi direttori d’orchestra contemporanei, Teodor Currentzis, che torna a Roma per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nell’ omonimo Auditorium Parco della Musica mercoledì 16 Aprile a capo di un’orchestra, l’Utopia, secondo esperimento dopo quello di MusicAeterna, che riunisce circa 100 musicisti provenienti da tutta l’Europa e perciò indipendente dalla Russia.
Noto per la sua audacia interpretativa, che è in realtà il risultato delle concezioni estetiche formatesi a seguito dei suoi incessanti studi su partiture, storia e prassi esecutiva, il direttore ateniese, che nel 1994 lasciò la sua terra di origine per completare gli studi in Russia con il grande Ilya Musin, ripropone nel concerto romano due tra le sue migliori esecuzioni: il Concerto per pianoforte n. 2 di Johannes Brahms, in cui la più che difficile parte solistica è affidata al francese Alexandre Kantorow,  e la Sinfonia n. 4 di Gustav Mahler, ultima del primo ciclo sinfonico scritto dal compositore boemo, comprendente, così come le precedenti tre, anche una parte vocale, il lied Das Immlische Leben  (La Vita Celeste), tratto dalla raccolta di poesie e canti popolari Des Knaben Wunderhorne, interpretato per l’occasione dalla voce di Regula Mühlemann.
Molti gli elementi degni di nota da riscontrare nelle due partiture, che, seppur appartenenti al più classico repertorio concertistico – sinfonico, contengono entrambe attraenti strutture compositive.
Basti pensare agli agitati dialoghi tra pianoforte e orchestra del primo e secondo tempo del Concerto prima della anelata distensione che arriverà solo nel terzo, o alla voluta scordatura nel secondo movimento della Sinfonia, quello Scherzo in cui il compositore impose di accordare il violino solista un tono più in alto del solito, ottenendo così un effetto particolarmente macabro e stridente. Dei lab affrontati da Currentzis sui due brani in programma è presente ampia documentazione video su YT:  nel filmato realizzato, in tempo di pandemia,  per la ARD Classic, di cui pubblichiamo un breve stralcio,  si possono ascoltare poche parole introduttive che chiariscono pienamente l’approccio alla partitura del direttore: «Qualcosa accomuna tutti noi stasera per essere venuti qui in questa Concert Hall: la capacità e il bisogno interiore di tutti noi di sognare…Quindi stasera proveremo a sognare insieme».
D’altra parte, è noto ai più che Currentzis concepisce la preparazione ai suoi concerti come un momento di totale raccoglimento in cui con i suoi musicisti  si ritira in residenza negli angoli più estremi della Terra per dedicarsi esclusivamente alla creazione delle proprie interpretazioni.



«La prima cosa che soffre della globalizzazione è l’intimità. L’emozione, l’unità e la dedizione di cui parlo si trovano molto probabilmente nel lavoro di un singolo musicista o di un piccolo collettivo – aggiunge Currentizis – Vogliamo portare questa identità cameristica e questa intimità nella strumentazione completa di un grande concerto sinfonico. Quindi rinunceremo a ciò che conoscevamo e faremo un salto. Naturalmente, si tratta di un’idea utopica. L’utopia è qualcosa di impossibile, ed è questo che ci attrae: realizzare l’impossibile».
Magia che con ansia attendono gli spettatori dell’Auditorium Santa Cecilia del Parco della Musica di Roma.

 

 

 

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