Amore: questo è il nostro destino

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Basta soltanto un’ora a Pippo Delbono per farci viaggiare attraverso luoghi dell’anima, trascinarci con suoni, gesti, parole poetiche in una dimensione spirituale che si confronta con l’amore “vero e proprio ingranaggio… che seleziona, sposta, frantuma e ricompone tutto ciò che vediamo, che sentiamo, tutto ciò che desideriamo” e con l’assenza di chi ci è stato caro.
Il filo conduttore è il Fado, che non è soltanto espressione lirica popolare tipica del Portogallo ma acquisisce in questo contesto una valenza universale di canto della struggenza, della malinconia, altamente emotivo, coi suoi toni in minore ed suoi testi che raccontano la nostalgia, la perdita dell’amato, la lontananza. Se l’amore è (anche) “una finestra aperta sul dolore”, il Fado con gli slanci vocali e le sue inflessioni passionali, le sue atmosfere acustiche si presta meravigliosamente ad incarnarne l’essenza.

Amore è uno spettacolo apparentemente di facile lettura ma denso di evocazioni e rimandi. La scena ideata da Joana Villaverde è vuota. Solo un albero bianco (simbolo per molte culture di vita e rinascita, di conoscenza ed affermazione sulla morte) si staglia con i suoi rami brulli. Saranno i corpi, le voci degli interpreti, gli strumenti dei musicisti, le coreografie di gruppo ad animarla, saranno le luci ideate da Orlando Bolognesi/Alejandro Zamora con la predominanza del rosso (colore indissolubilmente associato all’amore), saranno i costumi di Elena Giampaoli, per lo più bianchi (colore legato alla morte e al lutto in alcuni posti del mondo), le musiche originali di Pedro Jóia e di autori vari, a ricreare una rappresentazione visiva che inneggia “questo amore”, la sua ricerca, la sua urgenza, la sua assenza. A scandire il ritmo dei vari momenti, autentici e potenti tableau vivant (vedi il processionale tributo di collane alla Dea madre dai grandi seni, Signora della Vita, della Morte e della Rinascita o la festa dei morti di stampo messicano evocata dal ballo in cui i vivi si mescolano con i defunti), è la voce dell’autore che defilato dal palcoscenico, con le sue inflessioni tipiche, recita testi di Carlos D. De Andreade, Eugenio De Andreade, Daniel D. Ascensão Filipe, Jacques Prevert, Rainer Maria Rilke, Florabela Espanca, Sophia de Mello Breyner Andresen.
Solo sul finire dello spettacolo si inserisce la personale esperienza di Delbono che condivide all’interno della partitura drammaturgica il vuoto lasciato da una perdita mai superata.
Sarà poi proprio lui a chiudere la performance, salendo in scena, sdraiandosi faticosamente sotto l’albero ora in parte fiorito, dopo la danza mascherata che celebra i morti e il nostro legame affettivo per loro. Amare forse è anche ricordare, è ancora abbracciare l’amore, la sua mancanza, è amare la nostra stessa carenza d’amore.
Ad accompagnarlo in questo percorso i magistrali fadisti Miguel Ramos e Pedro Jóia, ai quali si aggiunge la bravissima cantante  Barbara Wahnon. Immancabili gli attori storici della sua compagnia, Dolly Albertin, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo e Grazia Spinella. Applauditissimo dal pubblico del teatro Mercadante di Napoli giovedì 27 febbraio 2025.
Da vedere.

Dadadago

Lo spettacolo è stato realizzato inoltre grazie al contributo di Tiago Bartolomeu Costa (consulenza letteraria), suono Pietro Tirella, capo macchinista Enrico Zucchelli, responsabile di progetto in Portogallo Renzo Barsotti, responsabile di produzione Alessandra Vinanti, organizzazione Silvia Cassanelli, amministratore di compagnia Davide Martini, direttore tecnico tournée Fabio Sajiz, personale tecnico in tournée Pietro Tirella/Giulio Antognini (suono), Enrico Zucchelli/Mattia Manna (scena),assistente volontaria in Portogallo Susana Silverio, produttore esecutivo Emilia Romagna Teatro Fondazione, co-produttori associati São Luiz Teatro Municipal – Lisbona, Pirilampo Artes Lda, Câmara Municipal de Setúbal, Rota Clandestina, República Portuguesa – Cultura / Direção-Geral das Artes (Portogallo), Fondazione Teatro Metastasio di Prato (Italia).
Co-produttori: Teatro Coliseo, Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires e ItaliaXXI – Buenos Aires (Argentina), Comédie de Genève (Svizzera), Théâtre de Liège (Belgio), Les 2 Scènes – Scène Nationale de Besançon (Francia), KVS Bruxelles (Belgio), Sibiu International Theatre Festival/Radu Stanca National Theater (Romania), con il sostegno del Ministero della Cultura (Italia), foto di Estelle Valente – São Luiz Teatro Municipal, foto di scena Luca-Del Pia.

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