Se nulla di nuovo resta da dire su un fenomeno è perché esso non ha piu nulla dire; il teorema, applicato all’opera lirica con ironia neo-pitagorica in «Stand-Up Opera», conduce a sorprendenti risultati.
Opporsi al trash, con il corollario di amplificazioni social su cui può contare è impresa disperata; tanto vale fare leva su esso per concimare con quello stallatico culturale i frutteti mai appassiti, nonostante i calpestii di tacchi a spillo e di suole di scarpe di vernici addestrati nei foyer, dell’opera lirica.
Ecco, Luca De Lorenzo, con la spiritosa collaborazione pianistica e non solo, di Fabrizio Romano, in poco più di un’ora, che vola via leggera, riesce perfettamente nell’intento con la regia di Gianmaria Fiorillo, il testo di Diego Lombardi e Luca De Lorenzo con gli effetti sonori di Lorenzo Pasquotti in una produzione «Casa del Contemporaneo».
Due recite sold-out alla Sala Assoli di quel Teatro Nuovo di Napoli, storica sede di prime di Vinci, Pergolesi, Cimarosa, Paisiello, Piccinni e tanti altri, incluso quel Giacomo Tritto, che trova nel basso-baritono napoletano un interprete vivace e centrato.
Coinvolgenti monologhi e brani d’opera del grande repertorio, soprattutto delle epoche in cui bassi e baritoni potevano avere ruoli da veri protagonisti, prima del devastante avvento dei tenori divi, quelli autentici e poi di quelli posticci.
Non ce ne vogliano Rossini, Bizet e i loro colleghi del Parnaso musicale, ma il top della performance di De Lorenzo e Romano si colloca in una irresistibile parodia che adotta il più trucido trash di un trapper in aug, inneggiante “speranzoso” ad un coito edipico-incestuoso.
Spettacoli come «Stand-Up Opera» inducono anche a meditare sulla sopravvivenza della critica musicale, sottoposta al più ad accanimento terapeutico e pressoché scomparsa dalle testate mainstream, dolosamente indifferenti su quanto si rappresenta sui palcoscenici e per contro avidamente attente a quanto ordito nelle stanze delle sovrintendenze.
«Imprigionato tra le note di un vecchio spartito e un presente incerto – spiega De Lorenzo – il protagonista si interroga sul proprio destino artistico, mettendo in scena un mix di ironia e pathos. Sostengo che l’opera sia tutt’altro dalle serate di gala – conclude l’artista – Ed è tutt’altro che noiosa: l’opera è anche, o soprattutto, eccentricità, audacia e ironia».