La vitalità de «Il rituale del ritorno»

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Unica data il 1 febbraio 2025 al Teatro San Ferdinando di Napoli è stata in scena la coreografia La Sagra della primavera. Il rituale del ritorno di Roberta Ferrara su drammaturgia e assistente alla coreografia Pompea Santoro, interpretata da giovanissimi e ottimi danzatori Claudia Vergari, Fernanda Urgese, Serena Angelini, Alberto Chianello, Giulia Bertoni, Lea My, Antonello Amati, Rocco Vitulli, Daniela Santoro, Alberto Tafuni della compagnia Equilibrio Dinamico, sulle musiche di Stravinskij attraversate dall’elettronica spaesante di Benedetto Boccuzzi.
Lo spettacolo vede la co-produzione Artgarage e Porta d’Oriente/Resextensa con il supporto di Ministero della Cultura, Teatro Pubblico Pugliese e Comune di Bari.
La luce richiama l’occhio del pubblico, lo addomestica per l’intero spettacolo e lo rende partecipante attivo nelle azioni collettive, realizzate da Roberto Colabufo e Francesco Ricco e gli effetti visivi Stefano Sasso.
I  danzatori sono ricoperti da abiti color terra che menzionano scenari post-atomici o indistinti creati da Franco Colamorea che rilevano i corpi dei danzatori seguendoli nei movimenti.
Sin dalla prima azione scenica è la luce che ricerca l’eletto/a per dar cominciamento allo svolgersi del rito iniziatico indirizzato verso una risoluzione positiva, in cui il ritorno è presago di identità rinnovata.
Come la primavera apre alla rinascita in un ciclo infinito, così il rinnovarsi dei riti collettivi può genere identità positive.
La coreografa Roberta Ferrara afferma che «i quadri non rappresentano più̀ il sacrificio della vergine alla divinità̀ ma una comunità̀ utopica che abbraccia il principio di uguaglianza e convivenza armoniosa, pronta a sacrificarsi per un bene comune, un’adorazione collettiva in nome di ideali, una morte che prepara ad una rinascita sconosciuta».
Nello spazio spoglio indefinito del palcoscenico entrano corpi richiamati da una luce/entità che li governa dominando.
La forza del gruppo si costituisce sul suono Augmentazioni elettroniche per la Sagra di Stravinskij creata da Benedetto Boccuzzi; corpi danzanti accartocciati che si distendono nell’incontro con l’altra/o.
Nella sequenza di movimenti vi sono più piani di espressione che i danzatori a canone rimandano finché l’energia del gesto conduce a nuove dinamiche.
A dominare lo spazio visivo campeggia una timeline, tempo umano che offre la possibilità del ricominciamento mediante la funzione rewind o della fuga in avanti con il forward.
La funzione dominante sulla timeline utilizzata nella coreografia La sagra della primavera Il rituale del ritorno è quella della pausa.
Pausa che non esprime staticità ma attesa del nuovo movimento, attesa dell’intreccio uditivo tra i suoni di Stravinskij e quelli di Boccuzzi, luci introspettive ed eterodirette.
Appare tutta la violenza panistica de La Sagra nei movimenti collettivi, l’energia centripeta del movimento si converte in dinamiche estese nello spazio dal singolo danzatore che dona al gruppo innovazione nella gestualità, speranza  per il futuro noto e l’incognita dell’oggetto che la ragione umana non può conoscere.
Il pubblico più volte è invitato ad essere partecipante attivo dello spettacolo, similmente al teatro antico, per rigenerarsi anch’esso nel rito collettivo. Un rito collettivo purificante dominato dall’energia primordiale ed autentica della vita.

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