Un giovane violinista ha incantato l’uditorio dell’Auditorium Oscar Niemeyer di Ravello che ha ospitato il 18 agosto scorso, causa maltempo, il concerto previsto in un primo momento sul belvedere di Villa Rufolo, all’interno della settantaduesima edizione del Ravellofestival. Si tratta del napoletano Andrea Cicalese, appena ventenne, violinista solista della serata che ha visto sul podio il direttore George Pehlivanian alla guida della Slovenian Poa Festival Orchestra con un intessante programma che ha permesso un iter nello stile orchestrale e compositivo ottocentesco attraverso la Italian Serenade di Hugo Wolf, la Quarta Sinfonia detta “Italiana” di F.Mendelsshon scelti a incorniciare il concerto in sol minore per violino e orchestra di Max Bruch che hanno permesso di confrontare lo stile romantico del primo Ottocento espresso da Mendelsshon con la sua evoluzione in una fase postromantica di cui Bruch e Wolf sono rappresentanti, nel caso di quest’ultimo già incontrando l’età del decadentismo.
Della breve Serenata wolfiana in sol maggiore, originariamente nata per quartetto d’archi e poi adattata all’orchestra nel 1892, lo splendido complesso orchestrale per buona parte composto da giovani e talentuosi musicisti capaci di grande precisione e attezione, ha evidenziato espressivamente la melodiosità del tema evocante un’aria italiana che rappresenta forse, secondo un presunto programma ispirato ad una novella di Eichendorff, le suppliche di un innamorato a cui nelle variazioni risponde il tono beffardo di una donna in un’interessante contrapposizione di toni con effetto diviso tra serenità e inflessioni inquiete in un dialogo quasi cameristico tra archi e fiati. In risalto la profondità malinconica del violoncello solista. Pehlivanian ha evidenziato con fluidità la cangiante “scrittura motivica” dell’autore.
Nell’esecuzione poi del bellissimo concerto di Bruch che si pone sicuramente sulla scia di Mendelsshon, è emersa la grande cantabilità e drammaticità del primo movimento in forma di preludio, mediante la sensibile musicalità del solista che si esprime in ampie arcate e nella produzione di una sonorità calda e avvolgente, sul tappeto sonoro giustamente discreto dell’orchestra nei momenti in cui essa non funge da interlocutrice paritaria sotto la direzione allo stesso tempo rigorosa e trascinante del direttore di origini libanesi. Dopo l’introduzione affermativa della tonalità di sol minore, il violinista ha esposto energicamente il primo tema dal carattere eroico seguendone con disinvoltura la rapsodicità, salvo poi passare con dolcezza al lirismo del contrastante secondo tema, di volta in volta assecondato o avversato da un’orchestra di grande eloquenza all’altezza dell’intensità espressiva del solista. Quest’ultima è emersa appieno nell’esecuzione del secondo movimento Adagio nella resa dell’evolutiva idea melodica dapprima sostenuta dagli archi quindi dal disegno più mosso dei legni e del corno dalle splendide sonorità finché il violino si impadronisce della guida di un discorso musicale che seduce. L’esibizione di un virtuosismo non vacuo ha infine connotato l’esecuzione dell’ultimo movimento Allegro energico con i suoi toni sia zingareschi che magniloquenti variamente ripresi dal solista e dall’orchestra, fino agli arabeschi funambolici del solista e all’accelerazione finale che ha condotto a scroscianti applausi ed ovazioni con più chiamate alla ribalta di Andrea Cicalese che ha concesso quale delicato bis un arrangiamento personale di “Fenesta ca lucive”.
Smagliante infine l’escuzione della sinfonia italiana di Mendelsshon con i suoi toni gioiosi in cui tutte le compagini orchestrali hanno dato il meglio di sé, nel tradurre con slancio l’esuberanza del primo movimento. Bel suono delle viole nell’esposizione del tema del nostalgico secondo movimento mentre i clarinetti si sono distinti nella esposizione più dolce della seconda frase musicale.
È la volta poi di corni e fagotti di esibire il loro suono caldo nell’originale Trio del terzo movimento evocante una scena di caccia prima dell’esplosione del brillante Salterello finale che richiama i toni popolari della briosa danza romana.
Esecuzione scintillante con una direzione di spicco, che ha giustamente concluso nel buon umore l’eccezionale serata.
Rosanna Di Giuseppe