Lasciare emozioni che percorrono la sala e invadono l’anima dello spettatore con selezionate parole che sintetizzano, in uno spazio definito e in un tempo limitato, l’esperienza letteraria, poetica, politica di un personaggio la cui vita è stata emblema di un’epoca: è il centrato proposito di «Pa’».
Un lungo monologo sapientemente amalgama i testi poetici di Pier Paolo Pasolini nella drammaturgia redatta da Marco Tullio Giordana e Luigi Lo Cascio per presentare il lato più intimo e personale del grande intellettuale.
Lo spettacolo è in scena al Teatro Mercadante dal 14 al 25 febbraio 2024, prodotto dal TSV – Teatro Nazionale creato nel 2022 per il centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922).
Il regista Marco Tullio Giordana, di cui ricordiamo il film Pasolini un delitto italiano, sottolinea come lo spettacolo sia l’opera conclusiva di un lungo percorso, una rappresentazione immaginata come una personalissima interpretazione di un grande poeta e non vuole e non può essere esaustiva della sua produzione e della sua vita. Pà è un percorso poetico che vuole ricordare un personaggio che ha condizionato la cultura italiana.
Infatti, Marco Tullio Giordana afferma «Saremo in molti a chiederci, anche dopo il centenario, quanto attuale rimarrà Pasolini, cosa di lui sarà ancora vivo e cosa ingiallito, cosa ancora “portabile” e cosa riporre nell’armadio in attesa di tornare in auge come modernariato. Non so dare a questa domanda una risposta se non con questo spettacolo ordito insieme a Luigi Lo Cascio, da tanti anni prediletto compagno di ventura. Si tratta di una cernita nell’opus pasoliniano immenso che non ha certo l’ambizione di dire “tutto” né fornire il quadro nemmeno abbozzato, ma di scegliere cosa abbiamo scoperto per noi di indispensabile, al punto da riassumerlo nel vocativo con cui lo chiamavano i ragazzi: a Pa’, per invitarlo a tirare due calci di pallone o chiedergli la comparsata in un film. Io sono stato uno di quei ragazzi, un contemporaneo, uno che avrebbe potuto averlo a portata di mano se non l’avesse considerato un maestro irraggiungibile.»
La narrazione scenica ci presenta un uomo che tormentato fin dall’infanzia dalle domande esistenziali, dove il rincorrersi e avvicendarsi dell’idea della vita e della morte sono alla base del significato del vivere, e ogni esperienza vissuta deve essere rappresentazione autentica dei propri valori e delle proprie idee. La figura di Pasolini è accompagnata da quella della madre Susanna Colussi, una donna fragile che lo accompagnerà nei suoi trasferimenti in diverse località, lo sosterrà.
Da una delle più belle poesie a lei dedicate Supplica a mia madre emerge il loro rapporto
«È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore,
[…]
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso. […]»
Altra figura incombente nonostante la giovanissima età di dipartita il fratello Guido, partigiano dal nome Ermes della brigata Osoppo, morto nella martoriata frontiera italo-istriana in quel periodo nebuloso iniziato con l’armistizio. A lui dedica Stroligut
[…] «Quando i traditori nelle Baite bagnavano di sangue generoso la neve, “Scappa – ti hanno detto –
Figura raccontata a latere il padre con cui Pasolini non riuscì a costruire una relazione positiva.
Il tutto inserito nella cornice dei luoghi della sua vita, che con paesaggi condizionanti gli hanno imposto incontri con personaggi che hanno colorato i suoi romanzi e la sua vita, memorabili comizi che hanno estremizzato emozioni e pensieri, rapporti difficili con i poteri politici e le scelte di vita.
Luigi Lo Cascio ha restituito in modo eccellente e delicato il poeta intellettuale nella sfera più intima e personale conducendo e svelando allo spettatore le emozioni più profonde.
L’affabulazione ha seguito un ritmo incalzante e rassicurante; ha fatto emergere dal suono delle parole il significato profondo con la leggerezza del teatro. Una leggerezza che ha condotto all’epilogo dell’esistenza del poeta, svelare la capacità di predizione.
Accanto a lui la partecipazione di Sebastien Halnaut.
Alla piena realizzazione dello spettacolo il disegno luci di Giovanni Carluccio che crea l’atmosfera adatta per ogni periodo narrativo accompagnato dalle sue scene. «Sono segni sintetici, poetici, oggetti della vita quotidiana, che via via popolano e si accumulano sulla scena dello spettacolo. Un crescendo di rifiuti tale da trasformarsi in una sorta di discarica sospesa, “un’esplosione di immondizia che ricorda il finale di Zabrinskie point”. La scenografia di Pa’ è il risultato di varie suggestioni artistiche, cinematografiche e letterarie, suggestioni che nascono però prima di tutto dal prezioso dialogo tra regista e scenografo. “L’idea del prato verde è frutto di uno dei primissimi incontri con Marco Tullio Giordana – racconta Carluccio –. Il declivio vuole rappresentare un ameno paesaggio collinare immerso nella natura, le luci sono le lucciole, insetti che abitano luoghi puliti come poteva essere il Friuli della prima giovinezza di Pasolini. La scena con la quale si apre lo spettacolo è un paesaggio dell’infanzia poi contaminato dall’immondizia, che invece affollava le periferie che tanto attraevano il poeta, come quella romana dove l’archeologia convive con la spazzatura”. Sono i luoghi di Pasolini, ma anche periodi o avvenimenti della sua vita che, attorno ai versi recitati nel monologo di Luigi Lo Cascio, si costruiscono e prendono vita nel corso della rappresentazione attraverso semplici oggetti carichi di significato. Segni sintetici, poetici, appunto.»
A sottolineare le differenti epoche con i suoi must i costumi di Francesca Livia Sartori; per sottolineare i momenti narrativi le musiche di Andrea Rocca.