Uno, due, tre, quattro … il ragazzino scrive di seguito: Gelato; Gavettoni; Rimanere sveglio dopo l’orario per andare a letto e avere il permesso di guardare la tv; Il colore giallo; Tutte le cose a righe; Le giostre; Gente che scivola; Succo; Cioccolato; Vecchi gentili che non sono strani e non hanno un odore insolito.. etc. etc. la lista poi continuerà.
Siamo alla Sala Pasolini sabato 10 febbraio 2024 per assistere allo spettacolo Every Brilliant Thing per la regia di Fabrizio Arcuri e di Filippo Nigro, quest’ultimo anche protagonista, versatile e brillante, in scena da solo nelle vesti del Narratore.
La pièce inizia con la sequenza di numeri chiamati in ordine e gli spettatori, in possesso ognuno di un bigliettino consegnato all’ingresso, che leggono la parola o la breve frase annotata.
Il teatro che ha una capienza di centottanta posti è al completo, nonostante la concorrenza di un seguitissimo festival canoro in TV.
Il “gioco teatrale” avviene a luci completamente accese, con l’attore/Narratore che sollecita il pubblico a leggere le altre annotazioni e narra le piccole quotidiane vicende di vita del protagonista del testo, un ragazzino che ha iniziato a tenere per sé un’inusuale lista di cose per le quali vale la pena vivere. Vuole così reagire alla distanza della madre, malata di depressione e che tenterà più volte il suicidio, in realtà è la malattia che alza quei muri che il ragazzino, a modo suo, tenterà di abbattere mentre cresce ed annota, sempre di più, i suoi molteplici e più validi motivi per vivere.
Il Narratore condivide questa scrittura terapeutica con il pubblico e la lista che si allunga, mentre il ragazzino, stretto tra i sensi di colpa e l’incomprensione ed i silenzi dei genitori, cerca a modo suo di esorcizzare il dolore. Oltre alla madre chiusa nel suo incomunicabile grumo di infelicità c’è, purtroppo, anche un padre fintamente presente nella sua vita, di fatto una pesante assenza affettiva. Le piccole confidenze infantili, intanto, vengono snocciolate e restituiscono un mondo interiore ricco di immaginazione e desideri.
La confessione involontaria, dai toni estremamente umani e vicini alle vite di tutti noi, diventa così una sequenza di semplici momenti speciali, illuminazioni ed aneddoti che chiamano in causa, di volta in volta, il padre taciturno ed appassionato di musica, la madre apparentemente più allegra ma irrimediabilmente depressa, un veterinario che dovrà praticare un’iniezione letale ad un cane sofferente e questa sarà la prima esperienza del ragazzino con la morte; e, ancora, quel viaggio in macchina con il padre fino all’ospedale, a trovare la madre ricoverata per il primo tentativo di suicidio, mentre si farà strada il bisogno di superare questa genitorialità insufficiente proprio trovando parole “terapeutiche” per l’anima, servisse mai anche proprio alla madre! È invece una psicologa della scuola la persona con la quale il ragazzino tenta di stabilire un ponte di comunicazione, crescendo sarà poi quella ragazza in biblioteca che lo farà innamorare, mentre un professore gli consiglia di leggere il romanzo di Goethe I dolori del giovane Werther, per l’autore forse l’occasione di accennare al fenomeno suicidario noto anche come “effetto Werther” dal nome del protagonista del romanzo, individuandone così una sua dimensione anche sociale.
E poi un altro tentativo di suicidio della madre, mentre tutto si stempera proprio grazie a quel famoso elenco, che il giovane continua ad annotare con altri mille, centomila, centinaia di migliaia di motivi per vivere e non morire … fino ad arrivare quasi al milione.
Tutto questo, sia chiaro, non eviterà al protagonista il dolore della fine del suo matrimonio proprio per la latente depressione che oramai lo avvolge; gli innumerevoli intermezzi di piccole cose brillanti, per le quali, nonostante tutto, vale la pena vivere, intanto sono sempre presenti, come quotidiane speranze e ancora di salvezza. Alla fine la lista non sarà servita alla madre ma sarà stata utile a mettere in connessione il protagonista con sé stesso, a renderlo capace di accettare i momenti bui dell’esistenza arrivando ad una nuova consapevolezza, che gli farà dire “…se vivi tanto a lungo e arrivi alla fine dei tuoi giorni senza esserti mai sentito totalmente schiacciato, almeno una volta, dalla depressione, beh, allora vuol dire che non sei stato molto attento!”. Duncan Macmillian l’autore del testo ha del teatro un’idea di luogo interattivo, tratta temi complessi con l’urgenza di semplificarli senza mai di banalizzarli, piuttosto cogliendo per ognuno luci ed ombre che diventano facce della stessa medaglia. In questo spettacolo, in particolare, cerca di ragionare per contrapposizione, vedendo momenti gioiosi anche dove il male oscuro assedia, se solo si riesce nell’attraversamento di quel buio, resistendo oltre la mancanza di parole possibili e prospettando a se stessi comportamenti più giusti ed utili.
La sua è anche una ricerca di accessibilità al pubblico, per farlo sentire più in condivisione con i propri simili e con i temi trattati, recuperando così il teatro nella sua forma migliore.
Il pubblico, come nell’intento autoriale, è stato interattivo, si è lasciato coinvolgere dal rabdomantico attore protagonista di questa performance inusuale, ma anche magistrale conduttore di un’esperienza comunitaria – sembra quasi un gruppo di mutuo-soccorso per ludopatie, alcolismo ed altre turbe psicologiche – che ha fatto scoprire ai presenti la valenza terapeutica della scrittura. Non conosciamo il testo di Duncan MacMillan e non sappiamo quanto di esso ci sia nella performance del nostro mattatore, fatto sta che lui è stato bravissimo, ha messo i presenti completamente a proprio agio, tant’è che gli spettatori chiamati ad interpretare i personaggi – il padre, il veterinario, la psicologa, il professore, la fidanzata – e le piccole parti assegnate, costruite grazie anche alla sapiente regia proprio di Filippo Nigro, non si sono per niente ritratti. Anzi hanno partecipato con entusiasmo e divertimento. La scrittura agile e brillante del testo, cui l’interprete specularmente si è adattato, immedesimandosi in maniera divertita, ha avuto una resa teatrale di insospettabile verve.
Alla fine hanno ringraziato tutti, come si deve ad una compagnia teatrale che si rispetti, e gli applausi sono arrivati sentiti e calorosi, per attore protagonista e co-protagonisti. Mentre un copione leggero ed un’improvvisazione felice, unitamente a parole utili sparse nella sala, hanno portato ognuno dei presenti, ci piace credere, ad iniziare un personale elenco di cose che brillano nella vita, fatto assolutamente terapeutico anche in assenza di depressione.
Every Brilliant Thing continua intanto la sua fortunata tournée, un grande successo partito dal Festival di Edimburgo, approdato poi negli Stati Uniti al Barrow Street Theatre di New York, in Australia e Nuova Zelanda, mentre in Italia, nella traduzione di Michele Panella, la messa in scena è partita nel 2021, in piena pandemia.
Lo spettacolo coproduzione di CSS Teatro stabile di innovazione del FVG e Sardegna Teatro, è stato premiato, sia per la regia che per il migliore attore, al Premio nazionale Franco Enriquez 2022 – XVIII^ edizione – Città di Sirolo (Ancona). Ci sono davvero tutti gli ingredienti per non lasciarsi sfuggire questa esperienza teatrale davvero unica, leggera e innervata di humor, capace di fare brillare per settanta minuti ogni cosa.
Marisa Paladino