Giovinezza e freschezza in «Die Zauberflöte» di Spotti al Teatro dell’Opera

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«Il Flauto Magico»  ha un’universalità di linguaggio e riesce a parlare a qualsiasi fascia d’età e ad un pubblico di qualsiasi livello culturale, ed è proprio questo che ci colpisce, nella recita del 14 gennaio, pomeridiana domenicale, in platea vediamo diversi nonni con i nipotini e ciò ci ribadisce come la musica di Mozart sappia conquistare chiunque.
Certo la regia di Michieletto aiuta, con la sua aura di modernità, un allestimento del Teatro la Fenice di Venezia in cooproduzione con il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, già rappresentato nel 2015, la vicenda è ambientata in un’aula scolastica, dove Tamino e Pamina sono due fanciulli, che dovranno affrontare delle prove per maturare. Sono due ragazzi che si aprono agli affetti, alla sessualità e all’indipendenza. Tutto l’impianto dalle scene di Paolo Fantin così come i costumi di Carla Teti,  le luci di Alessandro Carletti e movimenti video di Rocafilm Roland Horvath sono intrise di spontanea vivacità giovanile.
Sarà Papageno ad accompagnare i due ragazzi in questo viaggio, modernamente rappresentato come un bidello della scuola, sempliciotto e non istruito e pieno di buon umore. Non è dotato di piume, come nelle più tradizionali e fedeli al libretto produzioni, ma la musica gli conferisce comunque uno spessore teatrale e l’aria d’ingresso viene ben resa da Aneas Humm. Anche i tre piccoli geni, spiriti guida, sono rappresentati da tre minatori con l’elmetto in testo illuminato, proprio a rappresentare la via da seguire. I tre fanciulli Amelie Rossi, Chiara Mattucci e Elena Merluzzi non sono proprio delle voci bianche, ne tanto meno risultano sicure nell’intonazione, rappresentano la necessità dei giovani di realizzarsi, trasformando se stessi. Sarastro preside della scuola, interpretato dal solido Simon Lim, arriva in scena in sedia a rotelle, è colui che ha il compito della trasmissione del Sapere, che avviene attraverso il viaggio-notturno nel bosco.
È pur vero che Die Zauberflote è un romanzo di formazione, e lo spirito di giovinezza è ancor più vivo e presente grazie alla fresca e brillante direzione del maestro Michele Spotti, che aiuta e segue con precisione e maturazione la compagnia di canto. Giovane talento, Spotti ha già solcato importanti teatri d’europa, da Vienna a Berlino, Hannover, Monaco.
Il suo modo di dirigere audace ed energico porta l’orchestra e i cantanti a dare il massimo, soprattutto nei momenti di leggero virtuosismo.
È dotato di un gesto chiaro, sicuro, intriso di uno studio di rigore e meticolosità che venuto fuori durante le prove, diventa palpabile all’ascolto in recita.
Il giovane Tamino Cameron Becher, aspira a un rinnovamento senza rivoluzione, tipico delle logge massoniche, dove i sacerdoti mirano a trasferire le virtù al giovane principe, che personifica da un lato la voglia di essere “plasmato”, tipica della gioventù in cerca di luce, e dall’altro la voglia di nuovo, di un futuro pieno di promesse.
Ma non è solo Tamino l’eroe di questa vicenda, bensì è la coppia, la Pamina di Maria Laura Iacobellis è nel ruolo, fedele alla partitur,a in quanto il Flauto magico ci descrive la “maturazione” della coppia, nella quale riscopriamo l’ideale della fedeltà e della perseveranza finale. I veri sconfitti sono la regina della notte, madre dolorosa alla ricerca della figlia rapita, e Papageno, sono coloro che sono estromessi dal mondo degli iniziati.
La Regina della notte di Aigul Khismatullina seppur sicura tecnicamente con bei sopracuti, pecca nell’interpretazione del personaggio.
L’opera rappresenta il modello dell’amore coniugale e vuole affermare il valore della felicità, alla quale si arriva seguendo un progetto in cui le regole e le norme si rivestono di pratiche rituali.
La condizione a cui si aspira non è qualcosa a cui tendere, ma una qualità da conseguire, fortificandosi con la pazienza. La promessa di una condizione felice la si vede già nella prima scena, quando l’eroe fugge inseguito dal serpente, rappresentato in una lavagna luminosa, ed è già questo il primo trapasso verso il divenire.
Completano il cast la centratissima Papagena della brava Caterina di Tonno, ed il Monostatos di Marcello Nardi. Incerte e non ben legate le tre dame Anna Jeruc, Valentina Gargano, Adriana di Paola. Bella prova per il primo e secondo sacertote Arturo Espinosa e Nicola Straniero giovani appartenenti al progetto “Fabbrica young artist” del teatro dell’Opera.
Un successo personale sicuro e meritato del maestro Michele Spotti, sostenuto da applausi scroscianti all’orchestra e al coro diretto magistralmente da Ciro Visco, ma visibilmente il pubblico è diviso sulla moderna e rivisitata regia, ripresa da Andrea Bernard.

La foto si riferisce ad altro cast

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