Massimo Ranieri al Verdi di Salerno con «Tutti i Sogni Ancora in Volo»

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Massimo Ranieri sempre accattivante, generoso e comunicativo, nella veste di showman a tutto tondo ha incantato ancora una volta il pubblico di Salerno nel primo dei quattro spettacoli in calendario al Teatro Verdi, dal 12 al 14 gennaio 2024 con la pomeridiana prevista per domenica. Tutti i sogni ancora in volo è il titolo del Tour che toccherà i più importanti teatri italiani, frutto di un’idea e della scrittura di Edoardo Falcone oltre che dello stesso artista, sull’onda del successo discografico di un album di 12 brani inediti che porta lo stesso titolo dello  spettacolo. Uscito nel novembre del 2022, l’album vanta la collaborazione di grandi artisti del calibro di Ivano Fossati, Giuliano Sangiorgi, Bruno Lauzi e Gianni Togni cui ha fatto seguito l’eco del grande ascolto televisivo di due puntate, andate in onda il 26 maggio e il 2 giugno dello scorso anno, di Tutti i Sogni ancora in Volo nella versione televisiva.
L’idea di uno spettacolo live in teatro e il desiderio di ritrovare l’amato pubblico sono il seguito e questo debutto al Verdi del 12 gennaio 2024 ha confermato con applausi a scena aperta la scelta fatta, in un clima di grande emozione e coinvolgimento.
Gli ingredienti per la buona riuscita ci sono tutti, tanta musica dal vivo e canzoni sia vecchie che nuove, tra divertenti sketch e accattivanti aneddoti tirati fuori dal cilindro di una vita artistica fortunatissima.
La veste scenografica ed il gioco di luci in scena hanno fatto da sfondo al riuscito mix di ingredienti, molti brani dell’ultimo album ed alcuni tra i maggiori successi dell’artista, con la sala che si è unita, a tratti, in un grande coro, a completare il finale di una strofa di canzone al cenno del proprio beniamino dal palco. L’atmosfera, a tratti venata di magia, ha incantato il pubblico, la semplicità ed il talento hanno come sempre ripagato l’artista che si è mosso sempre con disinvoltura e padronanza del palco, con voce sempre possente e inossidabile, con la nota versatilità e le mille coloriture artistiche; non ultimo un accompagnamento di ben undici tra musicisti e vocalist di consumata bravura hanno reso la serata godibilissima e coinvolgente.
Il titolo dello spettacolo riecheggia una frase di Perdere l’amore, canzone cult con la quale Massimo Ranieri vince il Festival di Sanremo nel 1988, e l’amore, senza dubbio, è la cifra che ha ispirato da sempre il suo mondo artistico, i testi delle sue più belle canzoni e le scelte operate nella rivisitazione di celebri brani di altri cantanti italiani.
Ed è sempre l’amore il motivo conduttore dei brani Lasciami dove ti pareQuella porta, Dopo il deserto, È davvero così strano, Di me e di te  che lo showman  sceglie per l’apertura dello spettacolo, tutti tratti dall’ultimo album, dove si ritrovano declinate le emozioni che ogni cuore innamorato conosce, senza età e fatte di desiderio  insaziabile dell’altro, senza confini di tempo e di spazio, ma anche, purtroppo, di mille tormenti ed incertezze, con l’incognita del futuro o peggio ancora l’addio. 
Massimo Ranieri
si mostra come un inguaribile sognatore, partito dal caos calmo del quartiere Pallonetto a Santa Lucia, come lo ebbe a definire Sartre in modo acuto e profetico, si dichiara senza esitazione innamorato dell’amore, raccontandosi tra un brano e l’altro; e anche dopo sessant’anni di attività guarda al futuro con ottimismo, coltivando ancora sogni pronti a volare.
Giovanni Calone all’anagrafe, poi Gianni Rock nei difficili esordi, nonostante di rock non abbia mai cantato una nota, è sostenuto tantissimo dal padre, che crede molto nel suo talento. Nel 1966 diventa Massimo Ranieri, il nome d’arte è scelto dalla casa discografica di allora, pensando al principe Ranieri di Monaco e forse alla sua favola d’amore, una scelta di buon auspicio tant’è che anche per lui ci sarà una favola da vivere.
Il grande successo arriva con il brano Rose rosse che vende centinaia di migliaia di copie e con un terzo posto a Canzonissima del ’69 dove canta Se bruciasse la città.
È proprio quest’ultima esecuzione a coinvolgere il pubblico che canta con lui ed intanto, forse, ritorna indietro nei ricordi, a quegli anni di TV in bianco e nero e di spettacoli diventati cult nella storia televisiva del paese. Pigliate ‘na pastiglia del grande Enrico Carosone e uno dei grandi successi dell’Orietta nazionale Quando l’amore diventa poesia chiudono la prima parte dello spettacolo. La nostalgia è solo un attimo, perché si respira tanta energia, tra novità musicali ed indiscussa bravura del protagonista, con l’accompagnamento strumentale e vocale di ben undici musicisti in scena che arricchisce ulteriormente la serata. Nel secondo tempo da un lato  La voce del silenzio e Resta cu’ mme dell’indimenticabile Modugno ma anche l’introspezione e la tenera malinconia di Noi che ci amiamo, o la forza del brano Questo sono io – nonostante tutto, nell’incertezza e nell’ostinazione – pezzo con un rimando commosso alle figure del padre e della madre, sono interpretazioni che catturano applausi forti, nonostante questa parte del recital sia dominata da note malinconiche e riflessive. L’ironia lucida del pezzo Asini spiazza piacevolmente, mentre un omaggio alla magia della musica arriva con Canzone con le ruote, quindi si riprende ritmo e vivacità con Tu vuo’ fa’ l’americano sempre di Carosone, pezzo quest’ultimo in cui si ritrova tutta la verve macchiettistica del mattatore.
Lo spettacolo si avvia quindi alla conclusione, tra qualche riflessione sulla necessità di restare umani, sempre e nonostante tutto, di ritrovare il piacere di andare fuori casa ed oltre lo schermo dei dispositivi tecnologici che pervadono le nostre vite, ritornando ad emozionarsi guardando il sole e stando tra la gente, non dimenticando di sognare e di ricominciare sempre. L’artista partenopeo, comunque, sa che la vita con lui è stata molto generosa, sulla sua strada grandi maestri tra cui Giorgio Strehler che lo volle nel 1980 per l’avventura teatrale ne L’anima buona di Sezuan di Bertolt Brecht, e l’occasione è giusta per ringraziarlo, lo stesso Ranieri in un’intervista ha confessato che furono quattro mesi
miracolosi di prove grazie alle quali le sue insicurezze diventarono sicurezze nonostante tutte le difficoltà di lavorare con un regista così geniale e puntiglioso. Vita ed emozioni, tutto è scorso con apparente leggerezza, un’altra sfida è stata vinta, è tempo anche di presentare uno ad uno i componenti della band che lo hanno accompagnato. Ad ognuno di loro andrà il personale tributo di applausi.
Si parte dal siracusano Seby Burgio, pianoforte classico, la cosentina Giovanna Perna alle tastiere, Pierpaolo Ranieri bassista e contrabbassista.
E ancora il batterista Luca Troll, il percussionista/multi-strumentista Arnaldo Vacca, Andrea Pistilli e Tony Puja alle chitarre, Valeria Pinto al violino, Max Filosi e Cristina Polegri ai sax, Fernando Brusco alla tromba, con le tre musiciste che sono anche le voci corali.
Sulle note di Perdere l’amore (nella clip video da una trasmissione RAI) lo spettacolo finisce, pezzo che tra le sue strofe custodisce le parole magiche del titolo di questo spettacolo, perché sognare e ricominciare sempre è il segreto condiviso dall’interprete con il suo amato pubblico.
E allora Massimo arrivederci al prossimo sogno che vorrai regalarci!

Marisa Paladino

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