La mia intervista a Linus, personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni, un altro dei volti noti premiati durante l’evento Facce da Spot 2023, ideato da Maxi Gigliucci e Graziano Scarabicchi, tenutosi al Campidoglio di Roma lo scorso 20 settembre, è stata concepita in due momenti, in due fasi distinte.
La prima è avvenuta nella tranquilla penombra di uno dei divanetti che ingentiliscono con i loro profili leggeri la lobby profumata di limone dell’Hotel Caruso, la seconda fase ha necessitato di una opportuna gestazione, quella utile al noto conduttore radiofonico per appropriarsi con calma e con il tempo necessario della bellezza del luogo e poter rispondere.
Così iniziamo la nostra conversazione concentrandoci sulla prima parte, con la promessa di proseguire poi quando i sentori e le emozioni suscitati dal Caruso e da Ravello, saranno sufficientemente intensi per dare vita alla risposta.
Una sua considerazione sulla musica di oggi come appassionato, ma soprattutto come grande professionista ed addetto ai lavori.
«Credo che quello che stiamo vivendo sia il momento peggiore per quanto riguarda la musica pop. Il genere pop è nato negli anni 50/60 ed è stato contraddistinto da una parabola molto dinamica, con qualche inevitabile caduta. Tuttavia, la differenza sostanziale è che fino a qualche anno fa la musica pop appannaggio di determinate generazioni più in là con l’età, trovava il consenso anche dei giovani. La musica attuale è invece esclusivamente indirizzata alle nuove generazioni e questo mi induce a pensare che non sia un momento propriamente florido.
È anche vero che le forme artistiche si evolvono e, pertanto, quello che sto affermando in questo momento potrebbe in futuro essere smentito»
C’è qualcosa del proprio percorso professionale che Linus non rifarebbe?
«In questi casi, solitamente si risponde che se effettivamente c’è stato qualcosa che poteva essere evitato o se è stato commesso qualche errore, è avvenuto senza che me ne accorgessi.
Credo tuttavia che tutto quello che facciamo, anche dove siamo adesso, sia frutto di una concatenazione e combinazione di elementi, circostanze, coincidenze e fattori di cui possiamo cogliere le occasioni, o interpretarle».
Può anticiparci i suoi prossimi progetti?
«Faccio radio da ben 47 anni e il mio contratto, che ha sempre avuto un rinnovo quinquennale, scadeva proprio quest’anno. Posso anticipare che l’ho appena prorogato per altri 3 anni. Avendo una duplice veste, quella dell’artista e quella del manager, ho la fortuna di potermi concedere anche dei momenti di libertà e di creatività e su questo l’azienda, che mi conosce a fondo e ha fiducia in me, mi dà carta bianca».
E siamo all’ultima domanda, quella che chiedeva dei tempi di maturazione giusti, di gestazione, quella che forse rende al meglio la sensibilità di un artista a contatto con un luogo magico quale è il Caruso. La risposta arriva puntuale nel pomeriggio che precede la sua partenza da Ravello
Il Caruso chiuderà il 29 ottobre la stagione lavorativa 2023: se potesse scegliere una sequenza per descrivere questo luogo quale sarebbe? True Colors di Phil Collins, Over the rainbow di Israel Kamakawiwole, e Top of the World dei Carpenters.
«È inevitabile pensare che ognuno dei titoli gli sia stato suggerito da questo luogo: ci sono i colori, quelli che si riflettono abbaglianti sulla facciata e sui giardini del Caruso, scandendo stagioni ed ore, c’è la sensazione netta, palpabile, di essere incredibilmente vicini al cielo e così in alto da poter osservare il resto del mondo da un davanzale invisibile e perfetto».