Rosario Peluso: Cantare insieme è una manifestazione di amore condiviso per la Musica

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Una vita dedicata alla musica e alla direzione corale, una passione cominciata ai tempi della scuola elementare, quando ha fatto parte di un coro di pueri cantores,  poi esperienze adolescenziali con gruppi pop e rock, l’amore per i Genesis e i Pink Floyd, il diploma di pianoforte e gli studi di composizione con Carmine Pagliuca e Bruno Mazzotta, rinomati docenti del Conservatorio napoletano di San Pietro A Maiella. Il Maestro Rosario Peluso è da sempre alla guida di compagini corali sia  professioniste quanto amatoriali. Più che fare una scelta, ci sono proprio caduto dentro: un’amica mi portò ad un seminario estivo del Maestro Bruno Zagni a Marina di Ravenna e lì conobbi da vicino la direzione di coro;  era il coro amatoriale  fatto ad alto livello, che non aveva nulla a che vedere con ciò che all’epoca si faceva a Napoli, dove il livello delle formazioni corali era da dopolavoro del dopolavoro. Dopo quell’esperienza continuai a battere i sentieri sia della composizione che della direzione corale, finché un mio compagno di studi mi chiese se volessi sostituirlo nella direzione di un coro del CAI . Accettai e da allora cominciai anche a dirigere in maniera stabile.

Con la sua Società Polifonica Della Pietrasanta, il Maestro sarà impegnato in una rassegna che partirà il prossimo 21 Aprile e si svolgerà nella bellissima basilica di san Giorgio Maggiore di Napoli, all’interno della quale hanno trovato spazio il recital del controtenore Aurelio Schiavoni e del clavicembalista Marco Palumbo, dedicato alla musica a cavallo tra sei e settecento, un concerto dell’ Ensemble Chorafonia, che proporrà musiche del Mediterraneo, ed entrambi i gruppi amatoriali diretti da Peluso, il Coro della Pietrasanta e l’Ensemble Vocale La Vaga Aurora, l’uno nato all’interno dell’altro nel corso di infaticabili anni di pratica corale.  Il vantaggio di lavorare con dei non professionisti è che ci puoi lavorare sempre. È un lavoro lento che ha bisogno di essere “cucinato” tutto l’anno. Mentre il lavoro con i professionisti, che io ho svolto in passato, si concentra in poche sedute di prova prima del concerto,  e finisce lì. Con i non professionisti si può invece lavorare e rifinire il lavoro più a lungo.Poi esiste il valore della condivisione, dell’amicizia, dello stare insieme. Si passa tanto tempo insieme, si stringono tanti rapporti che arricchiscono la vita in generale. Inoltre, il non professionista è molto spesso un entusiasta e questo aggiunge molto all’esecuzione. Bisognerebbe anche capire cosa significhi non professionisti: la maggior parte dei cantanti in Italia è disoccupata, quindi dovremmo considerarli professionisti o non professionisti? 

L’amatorialità sembra dunque essere un valore aggiunto nella concezione del maestro: Ci sono tanti cori di non professionisti che cantano in tutta Italia e, sempre guardando alla realtà italiana, esistono cori di non professionisti che cantano meglio di altri cori composti da professionisti. Succede anche che alcuni cori di professionisti siano guidati da persone impreparate che si sono semplicemente lanciate verso un certo tipo di carriera e questo non aiuta di certo un cammino verso la qualità. Purtroppo, sia in sede nazionale che in quella cittadina, trovo che ci siano direttori di coro che non facciano crescere i loro coristi.  spesso, invece, li utilizzano per raggiungere uno scopo.  

A guardare i programmi dei due concerti proposti in rassegna, si può riscontrare una certa arditezza nell’affrontare la musica attuale con la formazione ampia. Contemporaneamente la formazione ristretta si dedica invece esclusivamente al repertorio cinquecentesco. Le parole del maestro sono al proposito illuminanti: Ho cominciato come compositore. I compositori veri hanno sempre lo sguardo rivolto verso il presente e verso il futuro, non si volgono indietro e basta. Quindi è inevitabile avere una programmazione che tenga molto in conto le musiche scritte dalla fine dell’800 ad oggi. Per quanto riguarda la musica antica, invece, la questione è più semplice: il meglio del repertorio corale è antico, perché la musica vocale ha raggiunto la sua maturità espressiva molto prima della musica strumentale: la musica vocale del ‘500 è già perfetta, mentre la musica strumentale in quell’epoca stava ancora nascendo. Quindi la musica antica forma  da sé gran parte del repertorio. Inoltre, nel mio caso, l’incontro con grandi personalità che praticavano la musica antica, come Marco Berrini e lo stesso Zagni, e, in anni più recenti, l’incontro con la musica barocca, hanno fatto sì che parte del mio percorso sia dedicato alla musica antica. Ciononostante, credo che la coralità debba obbligatoriamente fare i conti con la creazione contemporanea, altrimenti diventa tutto un museo. 

A Napoli c’è chi lamenta uno scarso numero di formazioni corali, ma l’opinione del maestro Peluso sembra al riguardo discordante: In realtà i cori a Napoli in questo momento sono tantissimi, forse perché molti musicisti cercano di potersi lanciare a fare i direttori di coro semplicemente mettendo insieme un po’ di gente. Il livello, tuttavia, con poche eccezioni, è piuttosto basso, probabilmente per mancanza di cultura corale, ma anche perché a volte i cori sono piuttosto mal guidati. Mi capita molto raramente di ascoltare belle esecuzioni di musica corale, dico belle nel senso di espressive, e questo è davvero un peccato. In verità, Napoli non possiede una buona tradizione corale e soprattutto non c’è formazione. Non ci sono cori di voci bianche, o giovanili,  anche perché spesso i giovani da Napoli vanno via. 

Molte sono invece le opportunità offerte da altre città d’Italia. A tal proposito, Rosario Peluso cita come passo decisivo nella sua formazione il Master in Direzione di Coro promosso dalla Fondazione Guido D’Arezzo frequentato qualche tempo fa in una terra, la Toscana, dove la tradizione corale è invece ancora molto viva. «Un percorso di perfezionamento che  mi ha regalato una visione ed un respiro di portata molto più estesa, perché ho avuto modo di studiare con docenti provenienti da diverse parti del mondo, che rappresentavano all’epoca il meglio della coralità internazionale.»

Angela Caputo

 

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