La valigia è uno spettacolo ispirato ai racconti autobiografici dello scrittore Dovlatov, prodotto da Gli ipocriti, in scena alla Sala Pasolini di Salerno il 22 febbraio 2023.
Il sottotitolo dello spettacolo è esplicativo in merito al monologo In viaggio con Sergei Dovlatov, un viaggio nella valigia dei suoi ricordi, degli incontri, delle speranze, spezzoni di vita che emergono nel lungo racconto.
Il secondo sottotitolo rivela il proprio significato verso la fine della rappresentazione Un torero squalificato, guardando la sua foto tessera inserita nell’album dei ricordi dalla moglie, si guarda e in quell’immagine, riconoscendosi con difficoltà, ravvisa nella barba lunga e nel modo goffo del suo viso un torero squalificato.
Dovlatov, di famiglia ebraica, è costretto a scrivere e pubblicare negli Stati Uniti ed è lì che viene data alla stampa la raccolta di racconti La valigia nel 1986, legati al suo vissuto di emigrante che porta con sé una valigia che resterà sigillata in un armadio per alcuni anni.
Poi quando il figlio si nasconde nell’armadio e si siede sicuro sulla valigia, Dovlatov decide di aprirla e ogni oggetto riporta alla memoria un episodio della vita vissuta in Russia, così nascono otto capitoli dai titoli: I calzini finlandesi, Le scarpe del sindaco, Un bel vestito a doppio petto, La cintura da ufficiale, Il giaccone di Fernand Léger, La camicia di popeline, Il colbacco, I guanti da automobilista.
Gli oggetti che ogni emigrante può portare con sé sono pochissimi, i più intimi e che non destano sospetto, ma che per chi li ha selezionati sono punti fondamentali del ricordo della propria vita. Sono l’oggetto che conserva memoria fatta di spazio e di tempo, i luoghi della memoria fissati con immagini che perdurano nel tempo, un tempo passato e un tempo presente che non possono che intrecciarsi indissolubilmente, perché ognuno è la valigia di sé stesso.
La riduzione teatrale tesse in una narrazione serrata i racconti con il vissuto di Dovlatov; essa è a cura di Giuseppe Battiston, che ne è anche interprete e Paola Rota che ne cura anche la regia.
Giuseppe Battiston, in questa prova di teatro di narrazione e di parola, si immedesima nei vari personaggi del racconto, così come possono emergere dalla memoria con le loro peculiarità che li rendono unici e bizzarri.
Il bisogno della narrazione sottolinea la ricerca dell’unicità delle esperienze nel panorama collettivo, rendendo i vari punti di vista del caleidoscopico mondo struggenti di malinconia, quella tipica di chi emigra e nella nuova terra non è pienamente accolto.
Novello Marco Polo o Odisseo, narra mescolando il passato con il presente un contrasto tra il desiderio di libertà e la nostalgia per la propria patria, dove non vi è posto per il futuro.
Il viaggio di Battiston/Dovlatov non può che incominciare dall’articolazione del suono nel microfono, lo scorrere sulle onde immaginarie che raggiungono la parte intima di ognuno, i nascosti oggetti dell’anima che, come nella valigia dell’emigrante, ci riportano alla nostra terra originaria, al nostro io veritiero, sgombro dalle apparenze.
Dalla graffiante ironica narrazione emerge l’anima ebrea di Dovlatov, dalla mente brillante e dai cattivi inutili maestri (forse), dal sorriso melanconico e amaro.
La scena e gli oggetti scenici sono di Nicolas Bovey, rappresentano uno studio radio stilizzato sovraffollato di microfoni con le aste o pendenti e cuffie, inteso sia come ricordo del lavoro giornalistico dell’autore Dovlatov, sia come viaggio (nel senso di conoscenza e incontro) con l’altro, lo sconosciuto, che stimola il giornalista nel suo lavoro quotidiano. Il giornalista che porta con se nella valigia/mestiere il desiderio di conoscere le cose nella loro interezza, anch’esso un viaggio nella conoscenza.
Completano l’allestimento i costumi di Vanessa Sannino, le luci di Andrea Violato, suono e musica curati da Angelo Elle.
Tonia Barone
Foto Filippo Manzini ©