Senza podio e senza bacchetta. Così Teodor Currentzis all’Auditorium Niemeyer di Ravello ha diretto Metamorphosen di Richard Strauss e la Sinfonia n.14 di Šostakovič a capo della sua musicAeterna Orchestra venerdì 19 Agosto in una serata che ha suscitato sentimenti di grande ammirazione nel pubblico presente.
Un direttore fuori dalle righe Currentzis, che si rivela originale in ognuna delle sue esecuzioni, che potremmo a ragione definire delle vere e proprie performances, non scevre di una certa teatralità che aggiunge fascino alla musica al di là del mero ascolto, come aveva già rivelato un lustro fa a Ravello, reduce dai trionfi salisburghesi con il Requiem di Mozart, cui si riferisce il video.
Il direttore greco occupa la scena a gambe divaricate dopo i saluti di rito, fissa per alcuni secondi i suoi orchestrali per raggiungere la concentrazione necessaria, poi immediatamente si dispone di traverso verso i violoncelli, alla sua destra, e dà il via al brano di Strauss con un pianissimo appena sussurrato, privo di vibrato, ma intenso come poche volte si è ascoltato nelle esecuzioni dal vivo. Da quel momento in poi lo vediamo dirigere quasi senza scandire il tempo, i gesti proposti frase per frase, i volumi giocati in maniera da rendere presenti tutti gli strumenti e tutte le linee melodiche. Perfino i colpi delle percussioni non definite trovano una personalità melodica all’interno della trama sonora.
Ogni musicista è coinvolto, ognuno con gli occhi fissi alla figura del Conductor. Si procede con un unico pensiero, pur nella frammentazione che caratterizza i difficili brani in esecuzione. Balza agli occhi quanto l’orchestra sia tutt’uno con il proprio maestro, che pur ponendosi come figura di primo piano quanto a carisma e presenza scenica, non è mai dimentico dell’insieme.
L’esecuzione è priva di cedimenti al romanticismo di maniera: suoni puliti, archi mai trascinati, ma questo è un autentico valore aggiunto: Currentzis lavora per sottrazioni, e, per quanto sensibile al fascino della fisicità di natura teatrale, non insegue colpi di scena, bensì consegna al pubblico un lavoro coerente, studiato nei particolari, magistralmente bilanciato nell’insieme, ma ricco nella resa sonora e nell’empatia.
Complici determinanti i suoi orchestrali: violoncelli e contrabbassi intonatissimi, violini e viole che mai indulgono in portamenti inappropriati, percussioni presenti perfino nei volumi minimi e, non ultime, le splendide voci di Nadezhda Pavlova e Dmitri Ulyanov, qui impegnati in difficili meditazioni sulla morte tratte dai testi di Apollinaire, Garcia Lorca, Küchelbecker e Rilke.
In quella che si configura come una autentica messa in scena dei brani eseguiti, si ha così l’impressione di una padronanza assoluta della partitura e della musicalità che essa esprime, che diventa rappresentazione orchestrale nelle mani di un grande e approda ad una plasticità di notevole impatto emozionale al di là di tutte le scuole di pensiero. Inutili le regole, inutili gli orpelli, conta solo la musica, quella con la M maiuscola, autorità che rilascia passaporti universali, quali che siano le vicende politiche dell’umana pochezza.
Angela Caputo