Un delizioso spettacolo di prosa e musica, “Il sogno di Burney”, si è svolto in prima assoluta, all’interno del Campania Teatro Festival 2022, presso il Teatro comunale di Caserta l’8 luglio scorso, con esiti eccellenti. Sull’originale e pregevole testo di Stefano Valanzuolo in funzione di canovaccio, ha proposto un’interessante e vivace struttura drammaturgica che intreccia con destrezza ed equilibrio almeno tre livelli costitutivi, quello narrativo affidato alla voce di Charles Burney, uno dei grandi viaggiatori culturali del Settecento cui si ispira lo spettacolo, autore del prezioso “Viaggio musicale in Italia” redatto in seguito al suo viaggio in Italia intrapreso nel 1770 secondo la moda del grand tour, il piano metateatrale affidato allo stratagemma di una messa in scena in via di farsi, nella finzione di un capocomico che si adopera nell’allestimento di una pièce che possa far rivivere personaggi, incontri, eventi importanti di quel viaggio culminante nella città di Napoli, il livello musicale che propone in una scelta felice (pensata da Raffaella Ambrosino) di brani bellissimi dei più celebri musicisti dell’epoca quali Händel, Porpora, Di Capua, Broschi, Cimarosa, Paisiello, Jommelli e nell’incipit, Henry Purcell, che segna gli esordi della formazione musicale del giovane Burney.
Il copocomico è interpretato dal disinvolto Riccardo Canessa anche curatore della gradevolissima regia, l’ ‘attore Ugo’ che coopera con lui nell’attuazione teatrale è affidato allo spigliato Stefano Sannino, entrambi abilissimi nel realizzare le svariate scene che si materializzano dalla parola.
Queste prendono infatti forma dalle citazioni del colto Inglese, evocate in maniera suggestiva dalla profonda voce di Patrizio Rispo nei panni di un Burney, seduto in abiti d’epoca in un angolo della scena a trasmettere al pubblico lo stupore e le meraviglie vissuti nel suo straordinario viaggio. I musicisti eccezionali dello spettacolo in cui il fattore teatrale e musicale scaturiscono l’uno dall’altro in perfetta reciprocità, sono il bravissimo mezzosoprano Raffaella Ambrosino che conquista oltre che per la voce, per qualità attoriali, gli strumentisti dell’ensemble “Maria Malibran”: Marco Piantoni e Nunzia Sorrentino (violini), Raffaele Sorrentino (violoncello) guidati al cembalo dal maestro Cosimo Prontera.
Gli adattamenti musicali e la ricerca filologica sono opera di Riccardo Iozzia Ambrosino, gli eleganti costumi recano la firma di Artemio Cabassi.
La ragione del suo viaggio, racconta Burney, trova origine nel giovanile incontro con il grande Händel, che dà inizio al tutto. Dal buio in cui è immerso il palcoscenico emergono di volta in volta le fantasmagorie, i sogni e le cangianti vestigia artistiche. Il racconto fa emergere gli splendori della Napoli di quel tempo, la sua musica, la magnificenza del teatro San Carlo, il bagliore delle sue copiosissime candele, la presenza dei grandi castrati, gli aneddoti, perfino i dolci di Napoli.
Tra i personaggi e le scene evocati: Padre Martini, Mozart, Cimarosa, la figura malinconica di Farinelli e il suo duello con il Senesino, Porporino, il celebre castrato della scuola napoletana che si recava a San Domenico Maggiore a consumare babà.
Insomma tutto un mondo riappare nell’immaginario del pubblico con una serie di visioni e di suoni che traducono il sogno di Burney che è il sogno artistico di chi crea e di chi fruisce l’arte, nel segno di quel piacere estetico e propriamente sensoriale, che un altro grande rappresentante del Settecento, Pier Iacopo Martello, individuava in particolare nella Musica in quanto arte che “contiene il segreto importantissimo di separar l’anima da ogni umana cura per quello spazio almeno di tempo in cui le note possono trattenerla”.
Non a caso la fata Mab, personaggio della letteratura inglese “che ispira i sogni lirici e artistici a poeti e scrittori”, è la musa che conduce Burney verso Napoli e la sua grande musica.
Anche il dubbio artistico che si insinua al termine della rappresentazione nella mente del capocomico, altro stimolante spunto di riflessione offerto dal testo, è quello di chi crea in uno sforzo impari rispetto al suo ideale di bellezza ma che, intanto che partorisce idee, già compie la magia. Ed è esattamente il prodigio del teatro e di tale riuscitissimo spettacolo.
Rosanna Di Giuseppe