È l’occasione per riflettere sul mondo, tra musica, arte visiva e teatro la visionaria “Oh, to believe in another world” in scena in prima italiana al Teatro Grande del Parco Archeologico di Pompei per il Pompei Theatrum Mundi il 29 e 30 Giugno.
Lo spettacolo unisce la visionarietà onirica di un film realizzato da un artista come William Kentridge con l’esecuzione della decima Sinfonia di Šostakovič da parte della Luzerner Sinfonieorchester diretta da Michael Sanderling.
Composta nello stesso anno in cui moriva Stalin, questa sinfonia secondo alcuni volle essere intenzionalmente anche una profonda riflessione sul periodo storico in cui essa ha visto la luce nella Russia dello scorso secolo, con il suo cupo primo movimento e il secondo tempo intessuto di sonorità sferzanti che hanno spinto più di un critico a interpretare le note come il ritratto del dittatore sovietico. Le note re-mi bemolle-do-si, D-eS-C-H nella notazione tedesca, considerate come la firma dell’autore, ricorrono più volte nel terzo e quarto movimento, come a sottolineare la raggiunta libertà del compositore, finalmente sciolto dalle accuse di formalismo mossegli durante gli anni della dittatura, che sigla, come poi succederà anche nel Concerto per Violino, la sua nuova opera sinfonica dopo ben 8 anni di silenzio in questo campo.
Il rincorrersi incessante di questo tema con un altro a lui parallelo, nel vorticoso valzer in cui sfocia il terzo movimento sembrerebbe invece rimandare al nome di Elmira Nazirova, pianista allieva del compositore ed a lui intensamente legata, seppur platonicamente.
Ma al di là delle riflessioni di critici e scrittori, sarà l’arte visionaria di Kentridge, nato e vissuto a Johannesburg negli anni dell’Apartheid, ad interpretare le note di quest’opera, che, nella rappresentazione visiva che accompagna la musica, induce a riflettere sulle condizioni del mondo a noi contemporaneo, in una inquietante rappresentazione sui temi del capitalismo, colonialismo e sfruttamento umano.
Nelle parole dello stesso Kentridge, tuttavia si coglie un anelito al progresso e al miglioramento, che spinge a pensare che nonostante la drammaticità di pensiero che accompagna la sua rappresentazione di questa sinfonia ci sia la possibilità di conservare una visione ottimistica del futuro: «La situazione attuale non può essere lo stato finale del mondo; ci deve essere una condizione migliore per tutti, artisti compresi».
Angela Caputo