L’Associazione Culturale dello Scompiglio si trova sulle colline di Vorno, alle porte di Lucca. Qui ogni evento musicale nasce come residenza artistica ed è molto più di un concerto.
I musicisti per giorni condividono le sale, il teatro, il bosco e tutti i luoghi della grande tenuta diretta dalla regista e artista Cecilia Bertoni, che ha creato una realtà in cui «le attività legate alle arti visive e performatiche negli spazi interni ed esterni e il dialogo e le attività con la terra, con il bosco, con la fauna, con l’elemento architettonico contribuiscono a una ricerca di cultura».
Ogni scelta è valutata in relazione alla sua sostenibilità ambientale, attraverso forme di interazione e di responsabilità.
Un posto da favola, dove, oltre ai concerti, c’è l’Azienda agricola e una rinomata Cucina. E poi laboratori, mostre, corsi e workshop.
Lo scorso sabato 30 aprile lo Scompiglio ha dedicato un bellissimo concerto-omaggio a John Cage in occasione del trentennale della morte e dei 110 anni dalla nascita del compositore statunitense. Il titolo, “Ryoanji. Fuori / Dentro”, racchiude un rimando ad una delle composizioni di Cage eseguite e anche al carattere itinerante del concerto, che si è svolto sia nello spazio esterno della tenuta che in quello interno.
Esecutori il trombonista svedese Ivo Nilsson e il percussionista Antonio Caggiano.
Si inizia all’aperto, con il pubblico accolto in una fresca radura.
La scelta tra le opere di Cage cade su due delle composizioni più rappresentative delle due grandi passioni del compositore: quella per la natura e quella per l’Oriente.
“Child of Tree”, un’improvvisazione scritta per materiali vegetali, in cui il compositore utilizza per la prima volta un cactus come strumento musicale e “Ryoanji”, che prende il nome dal giardino roccioso di Kyoto, in Giappone, composto da rocce disposte in un paesaggio di sabbia bianca rastrellata. Secondo Cage, in quest’opera i solisti rappresentano le pietre del giardino, mentre l’accompagnamento strumentale la sabbia. Natura nella natura, l’inizio del concerto è affidato a un cactus che suona sfiorato da plettri, cui fanno eco strumenti effimeri amplificati, conchiglie di tutte le forme dal suono di volta in volta soffiato e struggente o allegro e festoso.
E poi, cilindri colorati che ruotano producendo musica e pietre che cantano. E in questo immaginifico concerto diventano strumenti anche le foglie, i bambù, la terra. I suoni prodotti sono sempre diversi, evocativi e intensi.
Il pubblico rimane concentrato e silenzioso, oltre che incuriosito. Ad un certo punto, da lontano giunge il suono di un vibrante trombone lamentoso e sospirante. La prima parte del concerto si chiude con il fascinoso “Sylfer” di Ivo Nilsson, ispirato a un poema di Gunnar Ekelöf, un poeta surrealista svedese e alla figura del Sylph, un essere immaginario e elementare che vive nell’aria, mortale ma privo di anima.
Qualcosa del clima fiabesco resta mentre il pubblico si avvia verso lo spazio espositivo interno per la seconda parte dell’evento. Dentro il teatro l’atmosfera cambia. Si lasciano fuori i suoni naturali, il giardino e le sensazioni oniriche quando i due musicisti eseguono un brano che parla dei primi hacker, “Shack” di Maurizio Pisati.
La natura lascia il posto ad una realtà fatta di suoni creati dai computer, dalle macchine pensanti. Infine, anche se solo proiettata su schermo, si torna alla natura con l’ammaliante “Endangered Species Trust” di Ivo Nilsson, in cui trombone, sega musicale e flexatone accompagnano l’indescrivibile canto delle scimmie gibboni, registrato in Vietnam dall’autore.
Il concerto si chiude con una composizione di Lucio Gregoretti, “Dei diversi versi” dove sorprende la ricerca delle affinità tra il verso animale e quello poetico.
Foto di Roberto Testi