Brahms per la Domenica da Camera del Teatro di San Carlo

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Ancora una domenica di grande musica da camera al Teatro di San Carlo con i suoi talentuosi strumentisti Imola Erika Gyarfas e Flavia Salerno (Violini), Luca Improta (Viola), Lorenzo Ceriani (Violoncello), Stefano Bartoli (Clarinetto), Alexandra Brucher (Pianoforte).
Alle 18  del 13 marzo , sul palco del Massimo napoletano protagonista del programma sarà  Brahms con il “Quartetto in sol minore op.25” e il “Quintetto con clarinetto op.115”.
È in gran parte dovuta al talento di Brahms la sorte della cameristica nella seconda metà del XIX secolo, una nuova vita, più ancora che una sopravvivenza, non scontata dopo i fasti del classicismo.
Difficile pensare si potesse andare oltre le architetture beethoveniane o le cantabili atmosfere schubertiane, ma prima Schumann e subito dopo Brahms avrebbero di lì a poco risciacquato la forma-sonata nelle acque romantiche.
Il “Quartetto per pianoforte n. 1 in sol minore, op. 25”, nei tempi 1.Allegro;  2.Intermezzo. Allegro ma non troppo e Trio; 3. Andante con moto;4. Rondò alla Zingarese. Presto  è un brano del 1861 dedicato a Reinhard von Dalwigk e  la sua prima esecuzione il 16 novembre nella sala dei concerti di Amburgo, vide Clara Schumann seduta al pianoforte.
Appena terminata la stesura, Brahms si era affrettato a inviarne copia al suo amico e virtuoso del violino Joseph Joachim, che aveva trovato entusiasmante il finale “alla zingarese”, ma non altrettanto l’Allegro, che, secondo alcuni, sarebbe stato prontamente revisionato dal compositore di Amburgo.
Nel corso del soggiorno a Meiningen Brahms aveva fatto la conoscenza di un giovane violinista che era anche abile clarinettista: Richard Mühlfeld di cui il compositore aveva scritto a Clara Schumann: «Non hai idea  fino a che punto Mühlfeld sia un rimarchevole clarinettista. È il migliore strumentista a fiato che io conosca».
Da questa ammirazione nasceranno pagine che includeranno il clarinetto, tra cui, nel 1891,  il  “Quintetto con clarinetto op.115”, del quale Massimo Mila dirà: «Un’opera straordinaria, una delle più alte di tutta la letteratura musicale, dove quella qualità senile […] quel presentimento augusto e sereno della morte si manifesta in una stanchezza che ha il languore dell’adolescenza, più che la debolezza della vecchiaia».

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