Dopo sette anni di assenza (2013) dal San Carlo l’ultima Aida era stata presentata in forma di concerto nella prima stagione estiva all’aperto durante l’emergenza sanitaria nel luglio 2020 a Piazza del Plebiscito, con Anna Pirozzi, Jonas Kaufmann e Anita Rachvelishvili nei tre ruoli principali.
La storica regia di Mauro Bolognini ripresa da Bepi Morassi ripropone oggi quell’intuizione, propria del Verdi “autore totale” che attese instancabilmente e quasi maniacalmente ai preparativi per la messa in scena napoletana, di dividere in due, tra sotto e sopra la pietra tombale, l’ultimo quadro del quarto, bipartizione che l’allestimento si propone di mantenere senza soluzione di continuità per tutti e quattro gli atti.
Un allestimento consuetamente tradizionale dunque, e del resto la cifra originaria e antiquaria dell’opera ha da sempre mantenuto la sua forza caratterizzante nella messinscena di questo grand-opéra all’italiana, dal momento che l’autore stesso volle raccogliere in una “Disposizione scenica” quell’apparato visivo di ispirazione archeologica suggeritogli dal canovaccio preparatorio dell’egittologo Auguste Mariette.
Tuttavia l’esotismo in apparenza dominante nel soggetto, le vicende della giovane schiava etiope fatta prigioniera dalle truppe egizie e ambientate al tempo dei Faraoni, divenne suggestione che il Verdi drammaturgo maturo seppe tramutare in mero stilema musicale, attento e sensibile come fu a restituire quei temi risorgimentali e identitari di un popolo che cerca di affrancarsi dall’oppressione, temi che, all’indomani d’esplosione di un inaspettato conflitto nel cuore dell’Europa, ritornano di un’attualità stringente.
Alla soglia dei suoi sessant’anni il compositore incarnava la figura carismatica dell’intellettuale italiano del secondo Ottocento, aperto sì ad assimilare le esperienze artistiche e musicali più rilevanti a livello internazionale, come il grand-opéra francese, tuttavia ciò che a Giuseppe Verdi come sempre premeva era la “dimensione intima, sottile, vibratile, quasi sismografica, nei suoi potenti soprassalti emotivo sonori, del dramma tutto musicale che si dipana tra i quattro personaggi principali” [A. Roccatagliati].
La rappresentazione del 23 febbraio alle ore 18 ha visto cimentarsi nel ruolo del titolo la ucraina Liudmyla Monastyrska che ha prestato alla protagonista bel timbro di soprano lirico sufficientemente sonoro sugli acuti ma non altrettanto nei centri, caratterizzati questi ultimi da un vibrato “largo” che ha penalizzato intonazione ed intellegibità della parola.
Il Radames di Stefano La Colla ha tardato a rodare così da evidenziare uno scivolone non trascurabile nell’intomazione nella romanza d’amore “Celeste Aida”, qualche reiterato problema di appoggio degli acuti ha compromesso la performance del tenore torinese di cui non è in discussione la buona pasta vocale e la prontezza attoriale. Convincente anche scenicamente la principessa Amneris interpretata da Agnieszka Rehlis, bel timbro ed eccellente fraseggio. Esperto ed efficace l’Amonasro del baritono Franco Vassallo. A completare il cast:
Nicolas Testé (Ramfis), Mattia Denti (il Re d’Egitto), Désirée Migliaccio (una sacerdotessa), Riccardo Rados (un messaggero).
Buona la direzione affidata alla bacchetta di Michelangelo Mazza e ottimo lavoro dell’orchestra nella resa dei colori di una partitura in cui il timbro a tratti descrittivo dell’ambientazione egizia, alterna a momenti trionfali come la celeberrima marcia a momenti di sorprendente introspezione. Nelle numerose e fondamentali scene di massa il coro, preparato da Josè Luis Basso, si è destreggiato con capacità riservando una cura particolare alle dinamiche in pianissimo e “a cappella”.
Il corpo di ballo del teatro con le belle coreografie di Giovanni Di Cicco ha offerto una buona prova, ad eccezione delle sacerdotesse in alcuni momenti vistosamente scoordinate. Scene di Mario Ceroli e costumi di Aldo Buti.
Male dissimulata una certa stanchezza nella messa in scena oramai alla sua quinta replica, ma con teatro gremito e pubblico appassionato.
L’invocazione finale alla pace che la principessa Amneris eleva dal luminoso tempio di Vulcano possa oggi essere udita dai leader politici per la fine di un conflitto fratricida e sconsiderato.
Mariapaola Meo