Il coraggio va sempre premiato?
Questa domanda ronza in testa da quando l’ultima nota di pianoforte si è spenta tra le pareti del bellissimo Auditorium Manzoni di Bologna.
Il Concerto di Lunedì 11 Ottobre 2021 non ha di certo contribuito a dipanare il quesito. Di certo il pianismo di Federico Colli è interessante, a tratti bello.
Si percepisce che il musicista abbia speso gran parte dei suoi primi 35 anni a formarsi come pianista. Il timbro e il tocco sono interessanti.
Le note sembrano uscire dal pianoforte come levigate su pietra pomice. Il suono non manca mai di brillantezza ma le armoniche superiori non sono mai scintillanti – anche condizionate dell’acustica di sala caratterizzata da una piacevole e accentuata morbidezza sonora.
Di contro, soprattutto nei passaggi veloci, le note rimbalzano una dopo l’altra con grande padronanza ed estrema godibilità nel fraseggio.
Buona anche la dinamica, soprattutto nei piano e pianissimo mentre i momenti di vigoria non sembrano essere nelle corde del pianista. E’ un musicista di testa; né di braccia né di pancia.
Colli è già molto noto alle cronache di settore. Classe 1988, è diventato famoso dopo aver vinto il Concorso Mozart di Salisburgo nel 2011 e la Medaglia d’oro al The Leeds International Piano Competition nel 2012, da lì si sono aperte le porte dei più prestigiosi teatri del mondo.
E’ un interprete cerebrale, la sua versione mozartiana è originale, sempre alla ricerca di un colpo di scena o di un fuoco d’artificio. Non confondiamo, l’interpretazione del Concerto per pianoforte e orchestra n.27 in Si bemolle maggiore K 595, non indulge mai a sguaiati pirotecnicismi (fortunatamente) a favore di un approccio più mentale, elastico nel tempo e profondo nel tocco. Il suo pensiero in musica passa per molti modi di attaccare e rilasciare il tasto. Insomma, uno stratega dello strumento che usa con sapienza ogni arma per colpire il pubblico.
Sul podio Hirofumi Yoshida, dal 2014 diretore principale della Filarmonica del Teatro comunale di Bologna. La direzione, con scansioni ritmiche inusuali per la partitura, si incastra con l’istinto interpretativo del pianista. La coppia funziona e l’orchestra segue con disciplina. Ed è un bene.
Il pianista si congeda con un bis mozartiano (una variazione della marcia alla turca ed una fantasia) in cui vengono giocati, uno dopo l’altro, tutti i jolly del mazzo. Al pubblico piace ed in fondo la ruffiana compiacenza è alla base di ogni bis. Segue una buona esecuzione orchestrale della suite sinfonica Sherazade di Riminskij Korsakov, dove la ben diretta Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna dà l’ennesima prova di solidità.
Con queste premesse, si dirà che sia stato un ottimo concerto. Sotto certi aspetti è vero ma vibra silente una sub-armonica di narcisismo artistico che disturba la musica, pur interpretata magistralmente. A tratti sembra di essere spettatori attoniti di un rapporto antagonistico tra interprete e autore, in cui nessuno vince ed entrambi portano a casa qualche livido.
<<Cerco interpretazioni scandalose>> ha dichiarato il pianista ad una nota testata, fortunatamente non ci si alza scandalizzati. In fondo lo scandalo è la più effimera e greve delle emozione, volta più a catturare l’attenzione che rapire l’animo. Chiosando, Scandalo non c’è stato e non se ne sentiva nemmeno il bisogno. Resta che Federico Colli è un ottimo pianista, di profonda cultura musicale ed un fantastico istinto mediatico. Insomma, un personaggio così in linea con i tempi fa bene alla musica. Colli ha talento e furbizia che travasa con un po’ di marpionaggine in una non banale rilettura mozartiana: tecnica, studio, cultura, intelligenza e arroganza espressiva sono gli ingredienti pregiati della sua interpretazione. Speriamo di rivederlo presto con l’auspicio di rincontrare un pianista in un’altra fase artistica che indulga al bisogno di scandalizzare in favore di un approccio più sentito che pensato.
Ma, tornando alla domanda iniziale.
La risposta è assolutamente affermativa. Il coraggio rende viva la musica e va premiato, questa volta con la speranza che ce ne sia in misura maggiore in futuro. Si parla di un coraggio diverso e meno sensazionalistico.
Se con il tempo smonterà anche solo un pezzettino di questa impalcatura di radicale ipermentalismo – come pubblico – siamo certi ne gioveremo di una più pura emozione. Perché la musica è anche pancia.
Ciro Scannapieco