Inquilini di una memoria senza luogo

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Un vecchio professore che cerca un tranquillo posto al sole per le sue parole crociate, la vedova di un minatore che culla il suo bambino tra le braccia, la sopravvissuta austriaca ebrea di un campo di sterminio, la giovane emigrante siciliana che decide di ritornare nella sua terra d’origine.
Tra desideri e rimpianti, dolore e rimorsi, gli inquilini di un condominio si raccontano ad una portiera chiacchierona sul palcoscenico del
Teatro dei Barbuti nel centro storico di Salerno, che ogni anno ospita l’omonima rassegna estiva. In questa calda serata di luglio, in una festa di luci e ahimè! di moscerini, a calcare la scena è però il penultimo degli spettacoli del 12esimo Festival Nazionale “Teatro XS” ideato ed allestito dalla Compagnia dell’Eclissi, iniziato a febbraio 2020 presso il Teatro Genovesi di Salerno e interrotto bruscamente a marzo 2020, causa l’emergenza Covid 19.
La ripresa, nella ‘tregua’ estiva dei contagi, all’aperto è con gli ultimi due spettacoli del
22 e 23 luglio 2021, rispettivamente “Inquilini”, testo e regia di Chiara Callegari da racconti di Lillo Zarbo e “senza HITLER” di Edoardo Erba per la regia di Alessandro Vanello.
Il primo dei due spettacoli è un aggirarsi, tra il vorticoso e l’intimista, di cinque attori, quattro donne e un uomo. I quattro inquilini e una portinaia, le cui vite lo spettatore dovrà riposizionare, ricomponendo i frammenti letterari recitati dagli attori che sono tutti in scena, contemporaneamente.
La cucitura di ogni flashback può essere opportuna, ma l’ordine cronologico non è necessario. Ogni personaggio, infatti, ha una sua atemporalità, alimenta ricordi che lo turbano, episodi di vita che lo addolorano e ne afferrano l’esistenza quando meno te l’aspetti.
I vissuti sono di lager e di guerra, c’è la memoria della diserzione e delle la morti premature, anche se la morte non ha età. E c’è la tragedia di un Sud misero e di gente emigrata, con la danza della vita che si muove, incessante e senza sosta.
Il palcoscenico non è diviso in ambienti separati, se non idealmente nella comune atemporalità; i quattro inquilini coesistono e si lasciano vivere intorno ad un perno, quel letto della portinaia che scandisce la veglia ed il sonno, lo scorrere delle giornate, degli anni e delle vite di ognuno, in una comunanza di sentimenti e di orrore, in cui la Vita in ogni stagione ha i suoi inquilini, destinati irrimediabilmente all’oblio.
E l’antica ragazzina viennese deportata ad Auschwitz è oramai una donna, buona presenza scenica ed un’eleganza che nasconde turbe e dipendenze, la vedova del minatore è rimasta con quattro orfani a lottare ogni giorno per il pane quotidiano, l’anziano professore ha vissuto le incancellabili violenze della guerra, la giovane emigrante rifiuta invece le umiliazioni nella New York di fine ‘800 sognando il rientro nella sua terra d’origine.
La portiera, tra questi fantasmi del passato è il raccordo di una comune memoria, spalle certamente volenterose ma forse ancora esili e poco mature per imprimere la giusta importanza al personaggio. Nel complesso allestimento corretto ed una regia che è riuscita a superare il rischio della separatezza, del diacronico di vite che si consumano giorno per giorno, dove potente l’infanzia le annoda e le restituisce ad emozioni più vere e profonde.
Ma la Sicilia scorre dinanzi agli occhi dello spettatore per quasi sessanta minuti, il condominio potrebbe essere uno storico edificio dei primi ‘900 che dove hanno vissuto, in tempi diversi, Angela la giovane migrante verso l’America, il Professore che cerca il sole per le sue parole crociate mentre i ricordi di guerra gli esplodono dentro, come quella bomba che lo condannò alla diserzione, Edith la ricca viennese dipendente da sostanze tossiche, e la vedova Serafina troppo accentuata nel tratto del suo vivere quotidiano messo in risalto.
La Compagnia
RamuliArte di Camastro (AG) diretta da Chiara Callegari con gli attori Lillo Zarbo, Claudia Cammilleri, Serena Bonsangue, Luisa Lo Verme e Mariangela Cilia si è messa comunque al servizio di un testo ben costruito, ritmo dello spettacolo mantenuto, con la recitazione che potrà essere affinata, l’attenzione dello spettatore non viene mai meno ed il finale scioglie tensioni e drammaticità, perché le storie forse sono restituite ad una vita.
E l’esistenza si tramanda anche attraverso la raccolta di testimonianze, di racconti di nonni e di zii, e queste esistenze semplici diventano i tasselli di una storia italiana comune a più territori, nel caso di una storia siciliana che ha incontrato l’attenzione e l’applauso del pubblico presente.

Marisa Paladino

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