Domenica 11 luglio alle ore 19.45 sullo spettacolare palcoscenico di Villa Rufolo, per il quarto attesissimo appuntamento del Ravello Festival, fiore all’occhiello dell’estate musicale campana, la Slovenian Philarmonic Orchestra, diretta da Charles Dutoit, ha tributato il suo Homage a Igor Stravinskij nel cinquantenario dalla scomparsa.
La serata musicale si è aperta con “Jeu de cartes”, L’opera commissionata a Stravinskij nel 1935 dal coreografo e impresario Lincoln Kirstein per l’American Ballet che egli aveva da poco fondato.
Il balletto su libretto del compositore e con la coreografia di George Balanchine fu composto durante il periodo neoclassico del musicista che aveva preso avvio con uno dei suoi precedenti balletti, Pulcinella, del 1920. Stravinskij era sempre stato attirato dal gioco d’azzardo, la sua predilezione per il gioco di carte fece cadere la scelta sul poker. La prima rappresentazione avvenne a New York al Metropolitan Opera House il 27 aprile 1937 con la direzione dell’autore stesso.
Il balletto si presenta suddiviso in tre parti, ciascuna delle quali rappresenta una mano della partita di carte e come precisato dal compositore, i personaggi del balletto sono quindici carte da gioco che si sfidano in una partita a poker in tre mani. Il personaggio principale è rappresentato dall’ingannevole Jolly Joker che ritiene se stesso imbattibile grazie alla sua diabolica abilità nello sconfiggere qualsiasi carta mutando a suo piacimento l’andamento del gioco.
La moralità finale è ben rappresentata nei versi di Jean de La Fontaine che l’autore indica in partitura: «Vi si può concludere / che bisogna fare guerra continua contro i malvagi, / la pace è di per sé molto buona, / sono d’accordo; ma a cosa serve/con i nemici infedeli?9»
Al di là di ogni significato moralistico, Jeu de cartes è un puro divertissement musicale. La partitura ha una tessitura raffinata, sorprendente per virtuosismi e fantasia. Per la “più tedesca” delle opere del genio russo, citazioni da Čajkovskij, da Johann Strauss, da danze della Belle époque fino alla più nota, anche se trasfigurata, il tema dell’allegro dalla sinfonia de Il barbiere di Siviglia rossiniano.
“La leonessa della tastiera” Martha Argerich non delude le aspettative degli estimatori accorsi e regala al pubblico del Ravello Festival il più famoso ed il più eseguito dei concerti per pianoforte del compositore russo Sergej Prokof’ev, il concerto n. 3 per pianoforte e orchestra op. 26. Composto tra il 1917 e il 1921 , ed eseguito per la prima volta a Chicago il 16 dicembre del 1921, della forma classica questo concerto mantiene solo la suddivisione in tre movimenti: 1. Allegro moderato; 2. Andante con variazioni (5 variazioni sullo stesso tema); 3. Allegro, ma non troppo.
Primo concerto della maturità di Prokofiev, ne è probabilmente il più apprezzato, sia dal punto di vista sonoro che qualitativo, con i suoi temi che risentono molto dell’influenza dell’Amore delle tre melarance, balletto risalente allo stesso periodo.
Virtuosismo pianistico e vivacità dell’accompagnamento orchestrale per un lavoro musicale in bilico fra mondi espressivi lontani, fra modernismo e romanticismo, ma in equilibrio perfetto fra poesia e fantasia.
Magia pura, richiesto a gran voce, il bis ha saputo tenere il pubblico con il fiato sospeso dalla prima all’ultima nota, mentre l’orizzonte cominciava a tingersi del rosa del crepuscolo.
Ancora Igor’ Fëdorovič Stravinskij e ancora un balletto, con la seconda suite da L’oiseau de feu, che L’impresario Djagilev commissionò per la stagione dei Balletti russi del 1910. La prima si svolse il 25 giugno del 1910 a Parigi con grande successo di pubblico.
Ispirata a una fiaba russa, la storia vede lo scontro tra due elementi antitetici: un mago immortale di nome Kašej simbolo del male e l’Uccello di Fuoco che rappresenta la forza del bene. Il principe Ivan con l’aiuto di una penna d’oro prestata dall’Uccello di fuoco, riesce a salvare l’amata principessa imprigionata.
La contrapposizione di due mondi differenti, quello magico dell’Uccello di fuoco e di Kašej e quello umano di Ivan e delle principesse, è rimarcato nella partitura con modalità parimenti contrapposte; l’aspetto fiabesco ha connotazioni orientaleggianti che risaltano con l’uso di un accentuato cromatismo, mentre il mondo umano ha motivi diatonici legati a suggestioni ciakovskijane.
La musica di quest’opera deve indubbiamente molto a Čajkovskij e a Rimskij-Korsakov, soprattutto nei brillanti colori orchestrali; anche le atmosfere e gli andamenti fluttuanti della musica di Debussy vi hanno lasciato il segno.
Il linguaggio musicale di questo balletto è però fortemente stravinskijano per la potenza e l’arditezza della scrittura, per l’autonomia del dinamismo ritmico, per l’uso particolarissimo del timbro puro degli strumenti; si può senza dubbio dire con Roman Vlad, che «Stravinskij ha acceso la prima esca nella compagine strumentale dell’orchestra ottocentesca».
Mariapaola Meo