Giselle ha terminato il suo cammino mortale per danzare tra le braccia del suo amato Albert, in eterno. Giulietta avrà il suo Romeo per sempre, l’adolescente Clara andrà alla ricerca del suo primo amore o la misteriosa Coppelia intrigante ingannatrice cercherà la verità.
Carla Fracci non è più, icona intramontabile del balletto ottocentesco, dei miti della danzatrice romantica, della donna avvolta dal mistero capace di trasferire quest’arte alle masse, oltre i luoghi deputati. Ha sapientemente e con eleganza utilizzato la televisione e programmi di largo ascolto per pubblicizzare la sua arte.
Una luminosa carriera, la sua, iniziata come allieva alla scuola di Ballo del Teatro alla Scala, luogo che l’ha decretata nel corso del tempo stella luminosa, nella sua città natale, il luogo dove lei aveva avuto la possibilità di formarsi nonostante la sua famiglia non appartenesse al ceto agiato.
La sua grandissima qualità sul palcoscenico, in alcuni punti irraggiungibile, è stata coniugare l’interpretazione con la tecnica, far emergere l’arte e non l’atleta, condurre il balletto nel panorama delle arti allontanandolo dalla mera esibizione di brani di bravura tecnica. Carla Fracci non utilizzava la parola, nemmeno la evocava, il suo corpo stesso era parola suono che narrava le avventure, che immobilizzava il pubblico, conducendolo in un mondo fantastico.
La consacrazione avvenne per lei diciannovenne nell’estate del 1957 al Festival Internazionale di Nervi dove nella riproposizione di Anton Dolin del Pas de quatre interpretò la Cerrito, accanto a ballerine già icone della danza come Alicia Makarova, Yvette Chauvirè e Margrethe Schanne.
E pensare che la straordinara carriera di Carolina Fracci (così all’anagrafe) era iniziata “per caso” sostituendo la prima ballerina ammalata e ricoprendo il ruolo di Cenerentola alla Scala.
Una carriera internazionale che l’ha condotta a danzare nei teatri più famosi del mondo accanto a colleghi che hanno segnato la danza del Novecento. Danzatrice che ha sperimentato anche la ricerca nel campo tersicoreo contemporaneo, molti ruoli sono stati creati appositamente per lei, come la coreografia de Il Gabbiano e Mirandolina di Loris Gai, Francesca da Rimini e The Machbeths di Mario Pistoni, o Filumena Marturano di Luc Buy.
La Carla nazionale, come veniva soprannominata dal pubblico, che ha sempre intessuto con lei un rapporto speciale, è stata la prima danzatrice italiana ad abbandonare la carriera nel solco di un Teatro Stabile per divenire una danzatrice ospite di numerosissime compagnie.
Una ballerina che è stata anche alla direzione di alcuni Corpo di Ballo nazionali, come il San Carlo di Napoli, o l’Arena di Verona all’Opera di Roma.
Indimenticabile il suo incontro inaspettato nel foyer del teatro di San Carlo, dove gli studenti stavano dialogando con Alicia Alonso, la sua semplicità nel dialogo con gli studenti; disponibile, cordiale e persino spiritosa, Oltrecultura la ricorda in occasione dell’intitolazione del salone di Palazzo San Carlo alla grande etoile, voluta e promossa dall’anfitrione Gennaro Stroppolatini, il il 28 giugno 2017.
Carla Fracci: Un passato sulle punte, volteggiando verso il futuro