Ska, Funk, Latin vibes, Swing, otto musicisti, Bologna, Energia. Cosa accomuna tutte queste parole? Semplicemente i Rumba de Bodas.
Se non fosse sconsigliabile utilizzare tale aggetivo in questo periodo, direi che la loro musica trasmette un entusiasmo contagioso. Chi ha assistito ad un loro live, infatti, ha di certo ben stampata in mente l’esplosività della performance dal vivo.
In occasione della presentazione del loro nuovo singolo – Isole – abbiamo provato ad organizzare un incontro di persona, combattendo tra i molteplici impegni live. Non ci siamo riusciti. Questa emergenza da Covid-19 ha tagliato la testa al Toro ed in piena coerenza con i tempi che corrono abbiamo optato per questa chiacchierata Smart.
C: Sembra passata un’epoca dal Concertone di Bologna dello scorso 19 Gennaio per il Movimento delle Sardine. Con questo isolamento non ci si sente un po’ “Isole”?
RDB: Si, possiamo dire che il pezzo ha decisamente assunto un altro significato. Viene sicuramente una grossa nostalgia a ricordare le folle di piazza VIII Agosto, e pensare a tutte quelle persone ora sole, separate e chiuse in casa. Ci auguriamo tutti che ognuno riesca a costruire qualche forma di socialità e a sentirsi parte di una comunità anche in questo periodo di isolamento.
C: Già dal vostro nome si capisce quanto sia importante la dimensione live. La musica, Il ballo, la festa, la condivisione: vi manca il vostro pubblico?
RDB: Si, ci manca. Ma in questo momento più che le folle dei concerti mancano le interazioni individuali, anche fra di noi. Ci vorrà un po’ di tempo prima di pensare a riempire locali e festival, per adesso ci basterebbe tornare a riabbracciarsi.
C: Vivo a Bologna e so quanto siete seguiti in città (e non solo). Pensiamo, però, anche a chi non è così attento, vi va di presentarvi? (e con questa spero di terminare con le banali domande di rito).
RDB: Siamo un gruppo di sette musicisti basati a Bologna che suona musica ad alto contenuto energetico con basi nel funk, nel soul e nella musica sudamericana e africana. Abbiamo una storia decennale fatta di tour mondiali, tre dischi e un sacco di sudate sui palchi d’Europa e non solo; la nostra ultima tappa è stata infatti lo scorso febbraio al SulaFest in India. La nostra musica è sempre stata estremamente variegata, e sfugge a incasellamenti troppo rigidi. Suoniamo brani originali che piacciono e fanno divertire noi e il nostro pubblico.
C: Torniamo a “Isole”. Senza piaggeria devo dire che il brano è bellissimo. L’arpeggiator iniziale, la ritmica, la metrica sghemba della linea vocale, il sound generale…cliccando sul play mi aspettavo tutt’altro. Dopo orge di musica e ballo, questo sembra un brano che appare più riflessivo, a che punto siete del vostro percorso artistico?
RDB: Grazie! Le esigenze artistiche dei membri della band cambiano, e con esse anche i gusti e gli ascolti. In questo pezzo in particolare abbiamo messo sul piatto alcune idee che ci ronzavano in testa da un po’, dall’uso degli arpeggiatori, al testo in italiano. Tuttavia è difficile focalizzare un trend in quelli che saranno i prossimi pezzi. A noi piace sperimentare, ma continueremo a spaziare attraverso generi, stili ed energie musicali diverse.
C: C’è tanta roba (musicale) dentro. Quanto lavoro c’è dietro a questo risultato?
RDB: Questo pezzo è uno dei più collaborativi che abbiamo mai scritto, con idee e spunti venuti da tutti i membri della band. Il processo creativo da un lato ha generato una struttura un po’ “barocca”, poiché è difficile unire sette voci diverse, dall’altro ci ha permesso di creare mu- sica ricca di sfaccettature, che non rimane fissa su un genere particolare ma ricorda ambientazioni e stili diversi anche all’interno dello stesso brano. Isole per esempio ha dentro ritmiche afro, molta elettronica e anche un certo sapore pop.
C: Sbaglio a definirvi una band da palco? “Isole”, però, è un brano più di concetto. Cosa ci dobbiamo aspettare?
RDB: No, non sbagli. Da anni siamo coscienti del fatto che diamo il meglio di noi nel contatto con il pubblico dal vivo. È vero che Isole ci porta in una direzione diversa, più concettuale. È difficile però dire se questa sarà la direzione che prenderemo da qui in poi. Le idee in cantiere sono tante e tutte diverse l’una dall’altra. In generale credo che i prossimi brani torneranno su uno spirito un po’ più leggero e movimentato, ma non è escluso che scriveremo altri pezzi più riflessivi e tranquilli di quelli a cui abbiamo abituato il nostro pubblico.
C: Parlando di live. Com’è la vita del musicista ai tempi del corona Virus. Cosa fa una band in questo periodo?
RDB: Come la vita di tutti gli altri, con l’unica differenza di avere lo strumento a tenerci compagnia, almeno per quelli di noi che possono suonare in casa. Stiamo cercando di tenere vivo il pro- getto sentendoci e pianificando il futuro, ma come tutti viviamo la difficoltà di non poter prevedere ciò che accadrà e quando.
C: Cosa ne pensate di chi utilizza i Social come estensione del concetto di musica dal vivo? Musicisti, Clubs ed anche istituzioni come il Teatro Comunale di Bologna (sebbene non in live) hanno optato per questa direzione.
RDB: A noi lo streaming in generale non convince molto. Siamo d’accordo che al momento si tratti di un modo di tenere e mantenere viva l’attenzione, però la musica live ha dei valori aggiuntivi allo streaming. Per citarne alcuni: il contatto fisico, la presenza, le sudate e il pogo. Ci auguriamo che questo umile sostituto del live non diventi la norma, non vediamo l’ora di tornare a “ballare” insieme.
C: Cosa bolle in pentola? Progetti musicali?
RDB: Stiamo lavorando a un quarto album, anche se la separazione forzata ci ha obbligato a rallentarne il processo, ma per il prossimo anno saremo sicuramente pronti più che mai a pubblicarlo e a farvelo sentire.
C: Un’ultima domanda: la prima cosa che farete una volta tornati alla normalità.
Una gita al fiume, una cena con gli amici, riabbracciare la famiglia, ma soprattutto farci una suonata tutti insieme.
Ciro Scannapieco