The Mandalorian: una nuova speranza per l’universo di Star Wars

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Conclusa la vecchia esalogia lucasiana con l’Episodio III – La vendetta dei Sith (2005), due erano le strade percorribili: dipanare le vicende della famiglia Skywalker fino allo stremo e alla ridondanza, riesumando personaggi incartapecoriti e sfruttando sempre gli stessi schemi narrativi; o sondare le immense potenzialità racchiuse nella “galassia lontana lontana” che ci emoziona dal 1977.
La prima strada è quella sterilmente imboccata dalla più recente trilogia di Star Wars, su iniziativa di J. J. Abrams (regista degli Episodi VII e IX), che ha causato grande scontento e insoddisfazione tra i fan.
La seconda strada, già in parte seguita nell’ideazione dello spin-off Rogue One (2017), è quella percorsa anche da The Mandalorian (2019), la serie lanciata sulla piattaforma streaming Disney+. E rappresenta tutto ciò che il nuovo Star Wars non era più da molto tempo, e che ora, per una felice intuizione, può tornare ad essere.
Meglio tardi che mai.
Le due strade, in realtà, non escludevano una via intermedia, rivelatasi però fallimentare al botteghino: il film Solo (2018, con la regia di Ron Howard), pur raccontando le imprese giovanili del contrabbandiere interpretato originariamente da Harrison Ford, non è parso all’altezza delle aspettative.

Tra Rogue One e The Mandalorian, comunque, non mancano le differenze.
Se la vicenda del film si mostrava ancora nettamente imparentata con la saga principale, della quale forniva importanti chiarimenti, la nuova serie attinge all’abbondante materiale accumulato attraverso romanzi, racconti, videogiochi e fumetti, da cui prende forma il cosiddetto Universo espanso di Star Wars. Un tripudio di storie nate dalla fantasia di diversi autori, con approfondimenti su guerre secolari o su popoli disseminati in giro per la galassia, che insieme danno vita a una vera e propria costellazione – è il caso di dirlo – legata al canone di George Lucas.
The Mandalorian ha per protagonista Din Djarin, un cacciatore di taglie appartenente alla razza dei Mandaloriani, guerrieri d’élite che l’Impero ha decimato. Sempre nascosti da un elmo e con addosso la propria corazza, i Mandaloriani vivono per lo più sottoterra, dove fabbricano armi e si riuniscono in gran segreto, fedeli a un rigido culto marziale. Il loro aspetto ci appare subito familiare, essendo identico a quello di Boba Fett, il temibile cacciatore di taglie al servizio di Jabba The Hutt, a sua volta figlio/clone di Jango Fett: personaggi comparsi nei primi capitoli della saga, in particolare ne L’Impero colpisce ancora (1980), Il ritorno dello Jedi (1983) e L’attacco dei cloni (2002).

Il Mandaloriano – dietro il cui elmo si cela l’attore Pedro Pascal – è un tipo di poche parole, simile al classico pistolero western, antieroe solitario in piena regola, dai modi spicci ma efficaci. Cattura i bersagli, e dopo averli ibernati in una lastra di grafite, li trasporta a bordo della sua astronave per incassare la taglia. Dentro di lui aleggiano alcuni ricordi dolorosi: lo sterminio del pianeta natio, la morte dei genitori e il provvidenziale intervento dei Mandaloriani che l’avevano salvato da bambino.
Ma adesso la sua fama inizia a diffondersi, e gli viene perciò affidata una delicata missione, da cui sembra che nessuno abbia fatto ritorno. I committenti si rivelano essere uomini dell’Impero (tra i quali spicca il volto del regista tedesco Werner Herzog), sebbene l’Imperatore sia morto da cinque anni e le forze imperiali abbiano capitolato definitivamente dopo la grande battaglia di Endor.
Accettato l’incarico, pur con qualche reticenza, Din Djarin s’imbatte in qualcosa d’inspiegabile, una creaturina apparentemente indifesa, ma dai grandi poteri, che lo spinge a rivedere i propri principi e che da quel momento ne segna il destino.
Il carattere asciutto del personaggio si riflette sul taglio dell’intera serie, le cui puntate – otto in totale – non superano mai i quaranta minuti di durata. Al tutto giova la struttura autoconclusiva di ogni episodio, con ambientazioni spesso contrapposte come prevede la classica topografia di Star Wars: in compagnia del Mandaloriano, viaggiamo tra immense banchine di ghiaccio e fiumi vulcanici, lande desertiche e fitte boscaglie, prigioni siderali e bettole malfamate.
Priva di punti morti, l’atmosfera mantiene sempre alto il coinvolgimento. Duelli, stalli alla messicana, cavalcate forsennate, assalti alla diligenza e persino una sorta di “grande rapina al treno” rendono The Mandalorian uno spaghetti western in salsa fantascientifica.

È un forte senso di equilibrio a caratterizzare la serie, dove il nuovo convive alla perfezione con l’antico. Se da una parte incontriamo creature e scenari inediti, dall’altra ritroviamo volti noti (ad esempio i Jawa o i predoni tusken), paesaggi scolpiti nella nostra memoria (le sabbie di Tatooine) e nemici di vecchia data (i camminatori imperiali AT-ST), ma di volta in volta la prospettiva si scopre del tutto originale. Anche l’uso di CGI e di trucchi prostetici appare ben bilanciato. Ed è come se, nel complesso, gli elementi fossero dosati in modo da rendere accessibile il prodotto a chiunque, incluso chi sia totalmente ignaro della saga canonica.
Una vera boccata d’ossigeno per lo spettatore. Finalmente le sorti della galassia non sono in pericolo, nessuna oscura catastrofe si profila all’orizzonte, la Forza si avverte ma non straborda, e la dimensione più periferica della storia conferisce agli eventi narrati un tocco intimo, leggero e piacevole, non estraneo a momenti d’irresistibile autoironia.

Il merito è di Jon Favreau – regista di casa Marvel (Iron Man 1 e 2), recentemente approdato ai live-action disneyani (Il libro della giungla e Il re leone). Creatore della serie, nei panni di sceneggiatore e di produttore esecutivo, Favreau si affida a una batteria di eccellenti registi: insieme a Dave Filoni, già autore della serie animata Star Wars: The Clone Wars, troviamo anche Bryce Dallas Howard (figlia di Ron Howard, nota per lo più come attrice), Deborah Chow (regista di alcuni episodi di Better Call Saul e Mr. Robot) e Taika Waititi. Quest’ultimo, fresco di Oscar con il suo Jojo Rabbit, dà persino voce ad uno degli androidi.
Interessante il lavoro alle musiche di Ludwig Göransson (anche lui premio Oscar per Black Panther), che pur rievocando talora le indimenticabili melodie di John Williams, raggiunge una sua identità e riesce a dialogare con le varie scenografie della storia, alternando composizioni orchestrali ad altre elettroniche.
Ennesima chicca sono le meravigliose illustrazioni poste alla fine di ciascun episodio, durante i titoli di coda: concept art realizzati, probabilmente, in fase di pre-produzione.
Le premesse per una seconda stagione altrettanto valida, insomma, ci sono tutte; e speriamo non vengano disattese.
Ma con Star Wars, del resto, si sa: la speranza è sempre l’ultima a morire, e la prima a rinascere.

Emanuele Arciprete

THE MANDALORIAN

Voto: 8/10

Anno: 2019
Paese di produzione: Stati Uniti d’America
Regia: Dave Filoni, Rick Famuyiwa, Deborah Chow, Bryce Dallas Howard, Taika Waititi
Sceneggiatura: Jon Favreau, Dave Filoni, Christopher Yost, Rick Famuyiwa
Fotografia: Greig Fraser, Barry Idoine
Montaggio: Jeff Seibenick, Andrew S. Eisen, Dana E. Glauberman
Musiche: Ludwig Göransson
Scenografie: Andrew L. Jones
Costumi: Joseph Porro
Interpreti: Pedro Pascal, Carl Weathers, Gina Carano, Werner Herzog, Giancarlo Esposito
Genere: Fantascienza

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About Author

Nato nel 1990, napoletano di nascita, bolognese di adozione. Cinema, Musica e Letteratura costituiscono il centro gravitazionale di tutte le mie attività materiali e spirituali.

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