Per tratteggiare i moti spontanei degli anni ’60 viene immortalata l’anarchia quasi tribale del flore power con i capelloni in trance, con il vero sound del rock, nei film concerti come Woodstock, Monterey Pop o Isle Of White.
Il Musical riflette sul proprio linguaggio, su cosa avviene realisticamente dietro le quinte, con un senso di pathos, dramma o tragedia da Chorus Line del 1975 a All That Jazz del 1979 e si allontana forse per sempre dalle fabbriche dei sogni delle “backstage opera” classiche, benché in comune con quest’ultime abbia l’adesione a formule musicali più o meno tradizionali: più da rivista con le musiche di Marvin Hamlisk nel primo, più vicine al soul e al jazz con la bacchetta di Ralph Burn nel secondo.
Nei primi anni 80 il musical lancia inoltre positivi segnali verso un sottogenere che avrà costanti fortune nel tentativo sia di proporre nuovi balli sia nello scorporare la danza da altre componenti precipue della messinscena: Saranno Famosi (Fame) del 1980 e Flashdance del 1983, questi restano due prototipi di grandi successi, ma sempre più estranei al film musicale come tale.
Un film che rompe gli schemi proponendosi fin da subito come modello anomalo, ben differente da imitare è The Blues Brothers del 1980 di John Landis costruito su una lunga trafila di gustosi sketch musicali che vengono interpretati dagli storici protagonisti del r’n’b e del soul, un cult movie che serve addirittura a lanciare una nuova rock band, a dar vita a nuove idee di spettacolo.
L’esperienza del cinema musicale americano, tra gli anni ’60 e ’80, lancia dunque inedite tipologie e nuovi idiomi di musical, che s’allontanano dalle regie e dalle colonne classiche del trentennio ’30, ’40, ’50. Il musical diventa individualistico ed irripetibile, il compito principale o il messaggio lanciato nel musical postmoderno sembrerebbe proprio quello della contestazione di ogni regola precostituita, accettando però al contempo di confrontarsi apertamente con le tradizioni, per ribaltarle.
Questo anticonformismo è ancor più esasperato dal recente musical degli anni Duemila, che risulta un cinema sui generis, dove si sperimentano quasi tutte le modalità di canto e danza, sulle immagini. E’ difficile trovare un contatto tra un musical e l’altro, tra quelli girati di recente, ad esempio Mamma mia e il primo film sonoro (The Jazz Singer di Aland Crosland del 1927), ma l’unico segno inossidabile riguarda la presenza e la permanenza, sul piano compositivo della forma-canzone. Il musical moderno possiamo dire che non è un supergenere o neogene o antigenere, ma è sui generis, dove la musica è garanzia di un modo di essere e di comunicare.