Teatro Ghirelli, tra fiaba e mito il racconto di Gnazio e di una bellissima donna pesce

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Le donne sono un mistero, e non soltanto di seduzione. L’antico “cunto”, suggerito dal romanzo del 2007 “Maruzza Musumeci” del geniale Andrea Camilleri, ha ispirato l’adattamento teatrale di Rosario SparnoLa donna pesce”, dove il mito delle sirene vive sospeso tra fantasia e realtà, con il suo millenario canto di amore e di morte, di voluttà e di tormento, che sopravvivono in una voce all’interno di una conchiglia che ancora oggi restituisce l’incanto del passato.
In scena il 24 e il 25 gennaio 2020 al Teatro Ghirelli di Salerno, in una produzione Casa del Contemporaneo, quest’ossimoro di musicalità e di dissonanza, si è incarnato in una ragazza dalla bellezza ammaliante, convinta di essere proprio una di quelle antiche creature del mare. Il bracciante e muratore Gnazio Manisco, di ritorno a Vigàta dopo venticinque anni di America, oramai quarantacinquenne, zoppo per un “incidente” ad opera della mafia ma con un po’ di soldi dell’assicurazione in tasca, di questa strana ma bellissima ragazza si innamorerà perdutamente. Gnazio è un uomo di terra, una sorta di anti-Ulisse che volgerà le spalle al mare pur di tornare a coltivare la terra, copra nella frazione Ninfa dell’immaginario paesino una lingua di terra con alla punta un grande ulivo saraceno, e per sposarsi chiede aiuto alla gnà Pina, un anziana esperta di erbe e di matrimoni combinati. Minica centenaria bisnonna di Maruzza accondiscende al matrimonio della nipote, Gnazio accetta la condizione imposta dalla ragazza, dovrà costruire una cisterna in cui lei nuoterà nuda nei momenti della giornata in cui si sentirà sirena e, forse, nascosta all’altrui sguardo ne riprenderà anche le sembianze.
In scena Rosario Sparno è il protagonista, trepidante di desiderio per Maruzza, Antonella Romano è la narratrice ma anche la donna-pesce e gli altri personaggi femminili che il racconto evocherà. La parlata, da subito, cattura il pubblico, un dialetto-lingua siciliano che incantevole e plastico si intreccia al racconto, facendone sostanza ulteriore di fascinazione, pure nei momenti più oscuri e incomprensibili. Lei intreccia fili di ferro a mani nude, lui li lucida con l’acqua del mare, in primo piano una sinuosa installazione di una sirena forgiata con fili di ferro intrecciati, opera della stessa Antonella Romano, sembra assistere a questi giochi di malia e di rapimento ammaliatore, ergendosi a guerriera, sospesa tra la leggerezza e forza, anche quando la vita terrena di Maruzza sarà sconvolta proprio quando ci sarà la trasgressione di quel divieto. E non a caso, nel paese c’è un ragazzo di nome Ulisse Dimare, figlio di dell’antico Odisseo, che non riuscirà a sottrarsi al sortilegio della donna-pesce, quando si troverà di fronte a lei pagherà questa trasgressione con la vita.
La vita della coppia intanto continua, misteriosi omicidi e rituali in una lingua incomprensibile, anche la figlia dei due Resina appena nata appare con le sembianze di una sirena. A dare pienezza al testo, grazie ad una grande capacità evocativa ed una recitazione che crea atmosfere isolane di grande magia, le luci di Riccardo Cominotto ed i costumi di Alessandra Gaudioso, i due ottimi interpreti Rosario Sparno e Antonella Romano ricostruiscono un tempo sospeso, arcaico e del paese siciliano. I due hanno una compagnia insieme Bottega Bombardini, con anni di lavoro in comune ed una resa scenica indiscutibile, presenti l’aria e gli odori forti della Sicilia, terra di mito e tradizioni, ma che ha trasmesso la grande energia di personaggi femminili che tramano, decidono, seducono e uccidono, staccate da ogni sottomissione sono concrete, poetiche, determinate ma anche ribelli contro ogni tradimento e vendicative, per dirla con parole dello stesso Rosario Sparno “Scavando nel mito sono sirene che cercano Ulisse per un ultimo canto”.
Il racconto è un lavorio incessante tra fantasia e stupore, come accade per ogni favola o “cunto” popolare, dove anche la morte sembra più lieve, se arriva sotto un ulivo secolare o con il canto di una sirena, racchiuso nell’alveo di una conchiglia, capace di consolare un soldato americano morente e di incantare una platea che ha applaudito con grande convinzione.

Marisa Paladino

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