La riscoperta delle memorie
Immaginate di entrare in un luogo umido e buio, sotto 10 o 12 metri di roccia lavica. I rumori e le voci della città – Catania- non giungono fino a lì, una grotta lunga diverse centinaia di metri, con grandi e piccole gallerie che si snodano sotto i nostri piedi, sotto le strade trafficate, sotto le case che si sono abbarbicate sugli spuntoni della roccia: parliamo del rifugio di Cava Daniele.
La Cava fu innanzitutto una miniera di sabbia rossa, scavata dai bambini e dai minatori sotto il banco lavico, risultato dell’eruzione che raggiunse e circondò Catania 350 anni fa, quella del 1669,. Questa cava divenne un rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale dove per giorni, diventati mesi, i catanesi andavano a ripararsi nelle fasi più cruente dei bombardamenti che precedettero lo sbarco degli alleati, nella speranza di poter tornare a rivedere la luce, esattamente come gli eroi mitologici che affrontavano la terribile prova di visitare il regno dei morti e tornare indietro .
Il 10 Novembre 2019 Officine Culturali – associazione molto attiva a Catania, impegnata nella gestione e valorizzazione del patrimonio culturale – insieme al Centro Speleologico Etneo e al Comitato popolare Antico Corso – comitato nato per salvaguardare e valorizzare i beni culturali e architettonici come l’Antico Corso, una delle zone di Catania più ricca di reperti storici e meno considerata – hanno organizzato una breve ma intensa performance a due voci dentro il rifugio Cava Daniele per condividere la conclusione di una prima fase del recupero del sito.
Gli spettatori immersi nel silenzio ovattato della cava hanno ascoltato le «LETTURE DAL SOTTOSUOLO», la voce dal mondo di sotto dell’attrice Evelyn Famà, che si accordava alle «NOTE DALLA CITTÀ SOMMERSA» del maestro Alberto Tomarchio, nell’occasione cantante e fisarmonicista , ma che è anche pianista , compositore, arrangiatore. Ciascuno dei due artisti vanta un curriculum ricco per formazione e prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali.
Le suggestioni che suscita il rifugio sono state riprese ed evocate con parole di diversi autori: l’Averno, raccontato dai poeti latini e greci, si trova qui nel cuore di Catania, dentro le viscere della sua terra. Evelyn Famà recita i versi di Virgilio che ci mostrano Enea mentre scende nell’Ade .
“ Il Tartaro ha porte schiuse ma comun mortale non può risalire a riveder la luce” canta Alberto Tomarchio, la sua voce giunge da lontano, e cresce nell’oscurità mentre il suono della fisarmonica accentua la drammaticità delle parole.
L’Ade diventa inferno per i cittadini catanesi, quelli che nell’aprile del 1943 cercano scampo dai bombardamenti, di quella giornata le cronache registrano 146 morti, le voci dei cronisti sono sovrastati dal crescente e martellante accompagnamento musicale, come il rimbombo dei motori e le deflagrazioni delle bombe.
Si susseguono i quadri infernali descritti dalla cronaca e dalla letteratura dove il Rifugio è il luogo immaginato da Dino Buzzati ne “I segreti della MM”, dove uomini e donne si muovono in un mondo quasi speculare al nostro; anche qui, nel mondo di sotto, nelle gallerie del rifugio, tante vite, per brevi o lunghi periodi, hanno avuto un percorso parallelo rispetto al mondo di sopra. Demoni e uomini sono uguali e questo strano inferno è accompagnato da voci e suoni (cluster) di fisarmonica che è tutt’uno con il testo.
Poi il pubblico viene portato in un tempo ancestrale dove si ripropone la lotta tra coloro che non hanno nulla e gli altri, quando a scavare quei cunicoli, ricoperti di terra e di polvere c’erano i dimenticati. «Il Canto di solfatari» raccolto da Alberto Favara verso la fine dell’ottocento ricorda le terribili condizioni di sfruttamento a cui erano obbligati tanti minatori : “ Dda sutta ‘nta lu ‘nfernu, puvireddi” canta Alberto Tomarchio, ed è il canto di dolore di chi ogni giorno mescola il sudore e la fatica con la consapevolezza di essere relegato in un mondo senza luce. Il brano è necessario perché ci accompagna ad ascoltare di nuovo la storia di “Rosso Malpelo” di G. Verga. Il protagonista del racconto è simbolo della condizione che affliggeva i ragazzi impiegati nelle miniere per cavare la rena rossa.
Infine Evelyn Famà ci porta fin dentro la roccia e il fango di Argia , la città invisibile di Italo Calvino, di cui giunge solo qualche lontano sospiro, in essa si percepisce la vita , ma resta distante poiché sommersa. Dalla porta che sbatte di Argia si odono le prime note del canto popolare “Mi votu e mi rivotu” che ci riporta all’eterno scontro tra Eros e Tanatos: i dolori d’amore potranno placarsi solo con la morte. Il tema musicale di questo antico canto popolare ricorre in alcune delle più toccanti arie di Bellini: “La sonnambula” e in “Fenesta ca lucive”.
Il canto di chiusura è un omaggio alla Sicilia, terra di grande bellezza e di contraddizioni .
Questa è solo la prima delle iniziative che saranno messe in campo per recuperare e rendere fruibile questo sito così suggestivo a cui si accede da un cortile densamente abitato, nel quartiere Antico Corso di Catania.
Il Rifugio è stato reso accessibile durante le «Letture dal sottosuolo» grazie ad un’operazione di rimozione di oltre 70 anni di rifiuti con i quali si era cercato di cancellare la memoria ostruendone l’ingresso.
Con il linguaggio del teatro si è presentato il Rifugio antiaereo di Cava a un piccolo gruppo di esploratori primigeni.
In questo luogo abbiamo sentito risuonare il dramma delle parole e della musica come richiamo all’attivismo e al protagonismo civile poiché il Rifugio di Cava Daniele da spazio del dolore e di paura vuole diventare un esperimento di riattivazione corale, attraverso un processo condiviso di gestione del patrimonio collettivo, rispondendo in maniera innovativa al bisogno di nuova aggregazione. La convergenza dei tre soggetti che si fanno promotori dell’iniziativa è emblematica ed è già il primo passo di quel processo condiviso. Tre soggetti diversi, provenienti da percorsi diversi e con storie molto differenti, che hanno individuato nel progetto comune del Rifugio di via Daniele un modo nuovo di rispondere ad alcuni bisogni della città e degli abitanti del quartiere Antico Corso, mediante un percorso di coinvolgimento attivo dei cittadini.
È possibile che il Rifugio ritorni a parlare di sé dunque con la grammatica del teatro, della musica e della performance, attraverso uno sforzo condiviso. «Facile è la discesa de l’Averno» ma per compierla bisognerà restituire alla memoria un luogo che per troppo tempo è stato dimenticato.
(a cura di Elvira Tomarchio e Claudia Cantale)
Per sostenere il progetto: http://sostieni.link/23591
Video : https://www.facebook.com/RifugioCavaDaniele/videos/534720253778637/