Dove siamo se in uno spazio vuoto ci sono tanti lumini accesi; se due personaggi, età indefinita, cappotti laceri, miseri e surreali sul palco entrano con valigie di altre epoche? Dove siamo se il tempo teatrale scorre in continue domande innocenti e svagate, interrogativi intrisi di stupore, in un continuo chiamarsi e rispondersi, in giochi che riportano all’infanzia, in pensieri, sospesi tra la terra e il cielo, sui rapporti tra l’apparire e l’essere, tra la vita e la morte, tra passato e futuro, ma con la necessità continua dell’altro, come specchio e conferma del tuo esistere? Siamo nella partitura espressiva di Franco Scaldati, drammaturgo, regista e attore palermitano, scomparso nel 2013, che nel suo dialetto ha scritto Totò e Vicè, presentato per la stagione del teatro Ghirelli di Salerno venerdì 8 novembre 2019 (replica il 9). Sono Enzo Vetrano e Stefano Randisi ad interpretare davvero in maniera toccante questi due teneri vagabondi. Morti?, vivi?, anime candide?, amici l’uno il riflesso dell’altro?, la doppia faccia della stessa medaglia?, o semplicemente due sognatori complici e solidali, uniti contro un mondo che non si stupisce più della straziante meravigliosa bellezza del creato? Non importa e poco cambierebbe nell’esatta classificazione o percezione di Toto e Vicè.
I toni sono anche delicati in questo lavoro datato 1992, che punta molto, oltre che su interrogativi metafisici anche sulla parola evocativa: Totò e Vicè parlano con voce ingenua, bimbesca, di uccelli che ricamati su una tovaglia cominciano a cantare, di stelle cadenti che attraversano infinite stanze, del mare che sembra un cielo con le stelle e sembra di ascoltare le ultime battute pasoliniane di Cosa sono le nuvole.
Le atmosfere sono stranianti, è vero, spesso le domande dell’uno restano sospese, senza risposta, il clima è di attesa, i piani della realtà, del sogno, della morte, della vita si confondono tra leggerezza e pennellate di poesia, tra rimandi (come non pensare al teatro dell’assurdo?) ed originalità, tra la dualità e l’unicità, su una panchina e qualche lampadina che si finge stella.
Un testo che la straordinaria performance dei due attori, perfettamente in sintonia, sicuramente valorizza, ma che secondo noi, pur nella melodiosa lingua siciliana, ha un andamento ritmico altalenante. Sì alle riflessioni, al contrappunto vocale e fisico, ai giochi, alla magia onirica dell’allestimento soffuso firmato dagli stessi interpreti, ma il continuo dialogo, il logos che si incarna in due poveri cristi, talvolta risulta eccessivamente dilatato e disperso in frammenti rallentati e rallentanti. Se in musica, come in teatro, le pause sono parte della composizione, nelle partiture è proprio l’equilibrio tra suono e silenzio a fare la differenza…
Totò e Vicè, per la regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi, drammaturgia di Franco Scaldati, luci Maurizio Viani, costumi di Mela dell’Erba, tecnico luci e audio Antonio Rinaldi, visto ed applaudito al teatro Antonio Ghirelli di Salerno.
Alla prossima.
Dadadago