«Tosca è un personaggio simbolo: è forse la prima donna che annuncia il femminismo nel melodramma e denuncia gli abusi sessuali che sono abusi di chi esercita il potere, anche con ricatti, minacce e azioni di servizi segreti. Uccidendo Scarpia, Tosca sferra un colpo anche contro il pregiudizio maschilista, del tutto infondato, che vorrebbe far passare le artiste come delle poco di buono, disposte a cedere, a vendersi.
Le donne sono sempre determinanti nelle opere, pensiamo a Violetta, a Mimì a Turandot, ma Tosca va oltre, è una donna che difende il suo onore e pur essendo un animo sensibile, arriva ad uccidere per amore e per conservare il rispetto di se stessa»
Il cast della produzione al Teatro Verdi di Salerno dal 21 al 29 maggio, ha avuto in Carlo Striuli un sicuro Angelotti, in Angelo Nardinocchi uno spiritoso e incisivo Sagrestano; i due fidi di Scarpia sono stati il sempre nitido Enzo Peroni (Spoletta) e il giovane Maurizio Bove (Sciarrone); buona recitazione ha rivelato Massimo Rizzi nel Carceriere e lieta sorpresa è venuta dal Pastorello di Aysheh Husainat.
Oren si era posto lo stimolante interrogativo:
«Quanto io possa aver dato alle grandi interpreti con cui ho collaborato e quanto loro abbiano dato a me rimanda a una mera questione di magia che si instaura con una reciprocità»
Maria José Siri ha dato moltissimo al pubblico e il feeling con il direttore israeliano si è rivelato eccellente e foriero di una interpretazione memorabile, commovente “Vissi d’arte”, ma senza toni lamentosi, mirabilmente evitati perché la fede è forza, sembra volerci dire il soprano. Bis ineludibile.
Quella denuncia alla dittatura e alla corruzione di cui ha parlato Oren è stata espressa nella regia di Michele Sorrentino Mangini, che forse sarà ricordata, oltre che per la nitida disposizione dei personaggi, per avere trasformato l’intero Teatro Verdi in un cielo stellato, grazie alle scene classicamente virtuali di Flavio Arbetti, i video di Alessandro Papa e il lighting di Nunzio Perrella e per lo studio di Scarpia, “odiosamente” interpretato dal bravo Sergey Murzaev in cui campeggia una figura che richiama la Bocca della Verità, con l’inquietante espressione di un “mostro di Bomarzo”.
Le scene regalano anche un “santo” cammeo onomastico al regista, mostrando San Michele che schiaccia la testa a Satana.
Generoso come sempre Gustavo Porta ha dato fondo a tutti quegli stratagemmi vocali un po’ datati, ma il personaggio di Cavaradossi è risaltato correttamente e le stelle, anche troppe, lucevan grazie agli effetti video. Bis accordato.
Buona prestazione del Coro diretto da Tiziana Carlini e di quello di Voci Bianche da Silvana Noschese, per un Te Deum di ottima presa.
Cosa dire di Daniel Oren se non che tra i titoli che domina nei teatri del mondo intero, Tosca è quello in cui il maestro israeliano ha messo un punto fermo nella storia delle interpretazioni pucciniane per la vibrante tornitura delle frasi, per la ricerca di equilibri anche nel suggestivo concerto delle campane, per l’intensità delle dinamiche e, perché no, per essere dichiaratamente dalla parte di Floria Tosca, contro le dittature e le repressioni.
Dario Ascoli