Come nel capolavoro pucciniano dove l’aspettativa del futuro condiziona inevitabilmente il presente, vissuto da troppo tempo senza via d’uscita, solo nel secondo atto ritroviamo la “speranza”, che riduce l’asfissiante attesa della dolce Butterfly.
“Speranza” è sentimento indisspensabile nel momento che sta vivendo il Teatro Bellini di Catania, dopo l’estenuante attesa perchè si chiariscano e si risolvano le tante problematiche, che le ultime dichiarazioni politiche alimenterebbero per un epilogo certamente meno infausto di quello cui va incontro Cio-cio-San.
Il suicidio resta unica, amara alternativa al sogno d’amore infranto della geisha, che secondo l’antico rito giapponese del jigai, si ferisce mortalmente con il coltello pervenutole in eredità dal padre e con il quale egli stesso aveva compiuto il seppuku.
Due culture, quella giapponese e quella americana, due mondi inconciliabili, irresistibilmente attratti l’uno verso l’altro ma inevitabilmente incompatibili.
Abbiamo avuto il piacere di ascoltare sia il primo cast che il secondo, del quale diamo recensione.
Tutta l’opera si basa sullo straordinario arco emotivo della Butterfly, dall’apparizione della sposa “Quanto ciel, Quanto mar”, a la speranza nella lunga attesa “Un bel dì vedremo”, quindi l’esplosione della gioia “Trionfa il mio amor!”, e il tentativo d’imporre una primavera impossibile “Tutto sia pien di fiori”, prima della catastrofe finale.
Arco emotivo reso splendidamente da una debuttante Eunhee Kim, già ex allieva dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, che continua a sfornare talenti curatissimi grazie al lavoro del maestro Gianni Tangucci, splendida Ciò-Ciò-San molto convincente nella scena e nel ricercato fraseggio, aiutata da una potente linea vocale con colori pieni di sfumature e messe di voce, che con morbidezza esaltano una padronanza del personaggio e una maturità interpretativa che riesce ad esprimere tutta la concentrazione drammatica del personaggio attorno al quale ruota tutta la vicenda.
Abbastanza espressivo e corretto Alessandro Fantoni nel ruolo di Pinkerton e buono il fraseggio per lo Sharpless di Giovanni Guagliardo; ompletano il cast Ilaria Ribezza (Suzuki), Sabrina Messina (Kate Pinkerton), Enrico Zara (Goro), Gianluca Failla (il principe Yamadori e ufficiale del registro), Francesco Palmieri (lo zio bonzo), Salvo di Salvo (il commissario imperiale).
L’ Orchestra è stata guidata dall’eleganza del maestro Gianna Fratta che ha enfatizzato tutti i momenti musicali più importanti dell’opera, come il duetto d’amore che chiude il primo atto, espressione dell’illusoria felicità amorosa, bellissima melodia, resa con grande intensità drammatica da una considerevole orchestra, così come il successivo intermezzo sinfonico, e l’inizio dell’ultimo atto, uno dei più bei pezzi strumentali dove l’onomatopea decrive persino il cinguettio degli uccelli al sorgere del nuovo giorno.
Momento celestiale e magistrale il coro a bocca chiusa reso dall’eccellente prova del Coro del Teatro Vincenzo Bellini di Catania, preparato dal maestro Luigi Petrozziello.
Interessante anche se essenziale l’allestimento scenico affidato al catanese Lino Privitera che introduce sei danzatori, gli ottokè, uomini che rappresentano le anime degli avi che perseguitano e assillano Madama Butterfly e che vivono nella sua mente, sono le sue angosce le sue paure e le sue emozioni. Costumi di Alfredo Corno, Luci Andrea Iozzia, Video Daniel Arena.
Applausi per tutti e come si dice…”la speranza è l’ultima a morire”.
Gabriella Spagnuolo