Dopo quattordici anni, torna in scena al teatro San Carlo di Napoli dal 30 marzo al 3 aprile 2019 un titolo come Il lago dei cigni, nella versione coreografata da Riccardo Nuñez fedele all’originale di Petipa-Ivanov, ripresa da Patrizia Manieri.
Riccardo Nuñez è stato alla guida del Massimo napoletano per molti anni e ha elevato le qualità e le eccellenze della compagnia, allestendo coreografie che ne supportassero le eccellenze.
La compagine dei ballerini sancarliani ha letto un comunicato sindacale prima dell’alzata del sipario della prima nel quale si afferma che sono mesi che attendono una risposta dal MIBAC per un sostegno maggiore al comparto danza, una maggiore visibilità di quest’arte in Italia, una sistematizzazione dei precari.
Proprio per l’attuazione del Lago, che prevede la partecipazione di sessanta danzatori, sono stati assunti precari poiché i ballerini a tempo indeterminato del Teatro San Carlo sono solo quindici; la richiesta dei tersicorei quindi è di una maggiore attenzione ad un’arte che in Italia viene considerata sorella minore rispetto alle altre, in un periodo in cui la danza vive un trend positivo di pubblico.
Il lago dei cigni su musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij, prima composizione dei tre grandi balletti da lui creati e avrà il successo meritato solo nel 1895 grazie al genio creativo di Marius Petipa e di Lev Ivanov, è un balletto in due atti e quattro scene che conserva nel tempo la genialità della coreografia originale, dove i cosiddetti “atti bianchi” hanno e continuano a creare immaginario nella memoria collettiva della danza per eccellenza.
Il Lago dei cigni è un balletto dove il corpo di ballo è esaltato nelle sue capacità artistico interpretative e il Corpo di Ballo sancarliano, diretto da Giuseppe Picone, ha mostrato eccellenza nel primo quadro del primo atto non solo per la buona coralità ma anche per la tecnica espressa. Questa perizia purtroppo non è emersa nei cosiddetti “atti bianchi” dove la coralità ha sottratto attenzione all’interpretazione, e in alcune parti sono emerse difficoltà tecnico-espressive.
Anche nel primo quadro del secondo atto è mancato il brio interpretativo, la leggerezza che accompagna generalmente le danze caratteristiche per lasciare spazio all’attenzione dell’interpretazione collettiva.
Il Corpo di Ballo è apparso maturo e pronto a reinterpretare Grandi Balletti dove ricopre un ruolo da protagonista.
Ad accompagnare i danzatori l’Orchestra del Teatro diretta da Aleksej Baklan, non sempre in sintonia con il gesto danzato, mostrando qualità nei soli e nelle prime parti.
Le scene e i costumi di Philippe Binot hanno regalato la magia del balletto; ammirate e felici per sostenere la narrazione del secondo atto del primo quadro le scene un particolare de “il bacio” di Klimt che hanno espresso al meglio l’animo del principe.
Sin dalla prima versione del Lago dei cigni, la protagonista Odette/Odille è il balletto. Sul palcoscenico del Teatro di San Carlo ha spiccato per la bellezza della sua linea, la sua capacità di interpretare il doppio ruolo assegnando la giusta emozione sia all’anima amorevole che a quella negativa, Marianela Nuñez.
Regina indiscussa della scena, attesissima dal pubblico e applauditissima, étoile internazionale, che con la grazia e l’armonia dei suoi movimenti, accanto ad una tecnica eccezionale che non ha sovrastato mai l’interpretazione, è apparsa come una perla in scena. Ammirata e interprete eccezionale Marianela Nuñez nel pas de deux del secondo atto ha fatto emergere la forte personalità di Odille per irretire amorevolmente il principe, senza ridurre il ruolo a dimostrazione di abiitò tecnica.
Marianela Nuñez non ha rivelato rigidità nel ruolo di Odille, riuscendo a far vivere le emozioni delle due donne cigno con il suo corpo musicale che ha quasi annientato il suono dell’orchestra.
Ad accompagnarla è stato Vadim Muntagirov, un principe perfetto, ammirato nella capacità di coniugare la tecnica con l’interpretazione, senza creare momenti di distacco tra le due parti.
Nei ruoli principali in cartellone, nelle repliche si alternano Marianela Nuñez e Maia Makhateli, Vadim Muntagirov e Alessandro Staiano.
Il titolo ha realizzato ancora una volta il tutto esaurito, sottolineando un periodo positivo dell’arte tersicorea.
Tonia Barone