Alla Sala Pasolini di Salerno, in anteprima regionale, venerdì 30 novembre 2018 il Trio Snips formato da giovani talenti che del jazz-fusion hanno fatto la loro bandiera, si è trovato di fronte ad un piccolo gruppo di appassionati: un vero peccato che questo gruppo emergente si sia dovuto esibire in un teatro semivuoto, che a questo punto ha assunto i tratti di un jazz club. Ma questa considerazione è l’unica nota dolente. Tutte le altre sono state entusiasmanti!
Il trio costituito dal chitarrista Matteo Mancuso, enfant prodige, figlio di un altro musicista, accompagnatore di importanti artisti italiani, dal bassista Riccardo Oliva e dal batterista Salvatore Lima, nonostante si siano affacciati da poco sulla scena internazionale, vantano collaborazioni con artisti di fama mondiale ed esperienze prestigiose (tanto per dirne una che ve ne pare di Umbria Jazz quest’anno?, e di MilanoMusica Expo, sia sul main stage che per la Yamaha Music, dove hanno ottenuto un contratto pubblicitario?).
La padronanza strumentale non manca in questo Trio che ha proposto al pubblico arrangiamenti di brani di successo che rendono chiaro influenze e gusti, preferenze e linguaggi quali le “loro” versioni dei brani The Chicken di Jaco Pastorius portato al successo dai Weather Report e Penny Arcade degli Uzeb, Spain di Chik Corea, Cantalupe Island con il suo famoso riff di Herbie Hankock. Non sono mancati brani che omaggiano anche altre personalità del jazz e della fusion vedi Stratus di Billy Cobham, Sunny di Bobby Hebb, Blues del chitarrista statunitense Scott Henderson, ed ancora musica vitale, veloce, in cui la band dimostra un’ottima intesa che miscela perizia tecnica e pulizia del suono. Su ritmi pulsanti tenuti in maniera ineccepibile dal bravo Salvatore Lima si scatenano basso e chitarra, c’è spazio per assoli stratosferici, giri di basso slappati, note che si rincorrono ed un groove accattivante rende l’atmosfera surriscaldata durante tutto il live. Si intuisce che lo stile del leader del gruppo Matteo Mancuso abbia guardato molto chitarristi del calibro dell’inglese Allan Holdsworth, di Eric Johnson, dei mitici Django Reinhardt e George Benson, ed anche alla cantabilità del linguaggio sassofonistico, che lo hanno aiutato molto a capire le potenzialità della tecnica, ispirandosi a Coltrane, Cannonball, Brecker, Joe Lovano, ma si intuisce pure che arrangiamenti ed esecuzioni testimoniano originalità, preparazione, studio e gusto. Ad aprire lo spettacolo di questi ragazzi palermitani tutto talento ed energia, ancora una piacevolissima sorpresa: Pierangelo Mugavero, altro abile chitarrista, molto versato nel genere fingerstyle, che ha suonato un paio di brani e di cui abbiamo apprezzato particolarmente la sua Luci dell’Arizona.
Pubblico partecipe e caloroso e noi speriamo di risentirli presto.
Un consiglio: se vi capita ascoltateli.
Dadadago e Mauro Errico