Valerij Gergiev dopo una lunga assenza, mancava infatti dal 2005, è tornato a Ravello in una sera di pioggia che ha fatto sì di poter godere del suo concerto, inizialmente previsto dal Ravello festival sul belvedere di villa Rufolo, nell’acustica privilegiata dell’Auditorium Niemeyer, con la splendida orchestra del Marinskij e un programma tutto russo. Serata carica di emozione quella di martedì 21 agosto scorso penultimo appuntamento della ricca Sezione Musica diretta da Alessio Vlad, in un auditorium gremito dove il grande direttore ha donato la sua straordinaria esperienza guidando l’orchestra di San Pietroburgo nell’esecuzione di due opere complesse come la suite dal balletto Petruška di Igor Stravinskij e l’ampia Sinfonia Manfred di P.I. Čajkovskij. Alchemica la fusione tra il fiero e profondo talento del direttore con la ricchezza della musica prescelta fatta nel primo caso di lucentezza timbrica, favola e festosità russa, spirito di danza e ritmi taglienti, e nel secondo di epopea romantica piena di appartenenza alla “russità” malgrado l’ispirazione fornita a Čajkovskij dal poema dell’inglese Byron, incentrato sulla figura di un eroe simbolo del tormento e dell’ostinazione romantica, pellegrino sulle Alpi svizzere in preda ai sensi di colpa per la morte dell’amata Astarte, desideroso di un impossibile oblio e tuttavia capace di sostenere orgogliosamente il proprio destino fino alla morte. L’orchestra ha seguito con duttilità e libertà il magico e netto segno di Gergiev per incanalare il fluire della musica, ponendo in risalto le singole capacità dei timbri solistici così come gli impasti degli insiemi.
Scintillante e ricca di colore l’esecuzione di Petruška, tra le principali opere del secondo decennio del Novecento, in cui Stravinskij era fortemente imbevuto di cultura musicale russa, utilizzando forti contrasti, ritmi ossessivi, caustici effetti timbrici. E tali sono emersi dalla grandiosa orchestra che ha descritto la storia triste del burattino russo simile a Pulcinella in una successione di impressioni sonore giustapposte, di netto impatto, fedeli alla natura sagomata della scrittura Stravinskiana visibilissima nel mosaico composto da tutte le sezioni orchestrali come in un caleidoscopio.
Tutt’altra la logica emersa dalla Sinfonia quasi a programma di Čajkovskij, un trascolorare di luci e ombre, con i suoi sviluppi tematici e il ritorno puntuale dell’ “idea fissa” affidata ai fagotti e al clarinetto basso, l’afflato romantico degli archi, i caldi impasti timbrici dei legni, eppure a suo modo intrisa, nella musicalità espressa dal complesso orchestrale, di una modalità propria, di tradizione russa, ravvisabile in un quid di popolare e collettivo appartenente a quella grande nazione.
La lirica intensità del primo movimento (Lento lugubre) con la conclusiva incisività di trombe e timpani, la visionarietà leggera del secondo (lo Scherzo “Vivace con spirito”), gli aspetti idillici del terzo traducente un quadro pastorale con la morbida sonorità dell’oboe in primo piano supportato dalle viole, la concitazione orgiastica dell’ultimo (Allegro con fuoco) resa vivida dal suono dei corni e dal glissando dell’arpa, prima del sopraggiungere della morte dell’eroe su un solenne corale d’organo, hanno avvolto e catturato gli ascoltatori soggiogati dall’inquieta e allo stesso tempo marmorea conduzione del discorso sonoro realizzata da Gergiev. Culmine sapiente il fugato dell’ultimo movimento, passaggio di musica pura eseguito alla perfezione dalle diverse sezioni.Applausi scroscianti a liberare la tensione.
Rosanna Di Giuseppe
Foto di Emanuele Ferrigno ©