E non ho amato mai tanto l’Opera: Tosca inaugura San Carlo Opera Festival

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Nell’ambito della rassegna estiva San Carlo Opera Festival, dal 12 al 24 luglio per sei appuntamenti, alternandosi a Rigoletto, il Massimo napoletano ospita “Tosca”, capolavoro di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica e soggetto tratto dall’omonimo dramma di Victorien Sardou.
Entrambe le produzioni hanno la regia di impianto tradizionale ma efficace di Mario Pontiggia, le accurate scenografie pittoriche di Francesco Zito e i ricchi costumi di Giusi Giustino. Offriamo recensione della prima del giorno 12 luglio ore 20, che ha fatto registrare prevedibilmente il sold out ai botteghini, a conferma che l’amore per l’Opera è quanto mai vivo.
Il timbro chiaro ed i volumi di Ainhoa Arteta, Floria Tosca, non sono parsi adeguati ad un personaggio di tale levatura drammatica. Il soprano spagnolo si è mosso in scena con  disinvoltura, scongiurando al primo atto un capitombolo dall’impalcatura di pittore di Cavaradossi a causa di un tacco impigliato  tra le vesti, e ha, tutto sommato, fornito buona prova.
L’aria più attesa “Vissi d’arte” è stata condotta a termine non senza qualche sbavatura, in particolare l’esaurirsi della riserva di fiato sul finale tenuto, data la conduzione comprensibilmente dilatata di Juraj Valčuha, ha impedito all’artista una chiusa pulita. Brian Jagde dopo un inizio non esaltante con “Recondita armonia”, ha prestato bel colore vocale e sicurezza scenica al coraggioso pittore giacobino Mario Cavaradossi. Peccato che i tentativi di esecuzioni in pianissimo e filato comportassero costantemente la perdita di punta e una opacità diffusa. Notevole e degna di plauso la performance di Roberto Frontali nei panni del malvagio Barone Scarpia, il baritono ha messo in luce la sua esperienza, padroneggiando ed occupando ad arte gli spazi scenici con indiscusso carisma e potenza espressiva.
Non può dirsi lo stesso, invece, per il Cesare Angelotti di Carlo Cigni, disomogeneo nell’emissione e tutt’altro che coordinato nel movimento.
Roberto Abbondanza nelle vesti de il Sagrestano ha dato prova di ottima tecnica vocale con  il timbro chiaro e  temperamento aristocratico. Efficace Nicola Pamio nelle vesti delle servile e senza scrupoli agente Spoletta. Il canto in lontananza de il Pastore all’albeggiare del terzo atto è stato affidato al colore brunito dell’ottima Pina Acierno, non si può tuttavia tacere che un ragazzo sarebbe forse più opportunamente interpretato da un elemento scelto tra le voci bianche. A completare, i comprimari Sciarrone di Donato Di Gioia e il Carceriere di Carmine Durante.

La direzione del maestro Valčuha è stata compassata, forse troppo, la ricerca di equilibrio sinfonico ha quindi impedito il venire in luce degli accenti e dei tratti più ricchi di pathos della partitura pucciniana.
Il monumentale ed eterogeneo finale di primo atto ha visto disporsi in scena per il Te Deum il coro diretto da Marco Faelli, che con questo ha preso congedo dal suo incarico, e il delizioso coro di voci bianche preparato da Stefania Rinaldi. Light Designer Bruno Ciulli.
Le recite di Tosca saranno dedicate al maestro Tullio Serafin a 50 anni dalla scomparsa.

Mariapaola Meo

Foto Emanuele Ferrigno ©

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