Tosca è l’apogeo della crudeltà umana. Sarà che nessuno dei protagonisti sopravvive agli eventi ed ognuno è vittima delle proprie debolezze: gelosia, sete di potere, ingenuità. Sarà che il fato beffardo sembra soffiare forte di poppa sospingendo gli eventi verso un rapido e rovinoso epilogo. Sarà che alla fine non resta che un vuoto incolmabile e un profondo senso di sconfitta, lenito (solo in parte) dalla promessa napoleonica di libertà.
La stagione operistica del Teatro Comunale di Bologna si chiude con Tosca di Giacomo Puccini, con la regia di Daniele Abbado e la bacchetta di Valerio Galli.
Sul palco, per la recita del 20 Dicembre 2017 leggiamo i nomi di Svetla Vassileva nei panni della protagonista, Rudy Park nei panni di Mario Cavaradossi e Gabor Bretz in quella di Scarpia.
L’opera, su libretto di Illica e Giacosa da Victorien Sardou, è frutto della più brillante e matura energia creativa di un ancor giovane Puccini. Dalla sua prima esaltante esecuzione nel Gennaio del 1900 al Teatro Costanzi di Roma, per celebrare un’Italia libera e indipendente, l’opera ha riscosso sempre un gran successo di pubblico e consensi.
A veder la platea gremita, non sembrerebbe far eccezione nemmeno questa recita al massimo felsineo.
L’opera, per volere dell’editore Ricordi, è ambientata a Roma, capitale del Regno. Questa romanità trasuda da tutti i pori e anche la musica sembra, in alcune melodie, richiamare gli stornelli da osteria. Quando si apre il sipario restiamo piacevolmente colpiti dalla scenografia. Lo spazio unico immaginato da Abbado riesce a coniugare esigenze di budget ad una certa gradevolezza, fornendo la giusta flessibilità necessaria ad uno spettacolo itinerante. I tre atti si svolgono in tre luoghi simbolo della città della lupa: la basilica di S.Andrea della Valle, lo sfarzoso palazzo Farnese e Castel Sant’Angelo. Per ricreare le suggestioni di questi ambienti verranno utilizzate alte colonne bianche che, nel corso della recita, cambieranno disposizione sul proscenio e verranno arricchite da elementi distintivi che richiamano i diversi posti.
E’ vero: tutto è molto (forse troppo) bianco e minimale e le retroproiezioni sono discutibili, eppure ci piace. Tutto ruota, è il caso di dirlo, attorno a un grande disco sopraelevato e leggermente inclinato sul quale si compie l’azione. E’ una sorta di altare sacrificale che inizia a ruotare quando Scarpia entra in scena e mette in moto il marchingegno drammatico che condurrà alla morte dei tre personaggi principali. Nell’insieme, la costruzione scenica monocromatica non sarà tramandata ai posteri ma è efficace e funzionale.
I costumi sono adeguati con una sola grossa stonatura.
La rappresentazione dei “cattivi” in stile Sturmtruppen è così abusata da dover essere vietata e abolita per decreto. Se tale scelta è già stucchevole di concetto è anche poco armonica con l’impianto classicheggiante della recita.
Partiamo con le note positive. La direzione di Valerio Galli piace per sensibilità e intenzione. L’orchestra accompagna magistralmente le voci, schivando i mille tranelli di un cast vocalmente molto disomogeneo. Ma nei momenti di crescendo, come alla fine del primo atto, non possiamo che fare un sincero applauso all’orchestra, al coro e- ovviamente- alla bacchetta che li dirige.
Quella del duo Park- Vassileva è una complicata dinamica di coppia. Pur volendo cedere all’auspicio che in amore le coppie vincenti sono quelle peggio assortite, le nostre orecchie non sono convinte dalle speranze e dalle illusioni del cuore. Non lo diciamo condizionati dagli eventi tragici della trama, bensì per la performance della recita. Cavaradossi è Monolitico e vocalmente troppo ligneo mentre Tosca risulta ispida, flebile nei recitativi e dall’acuto fin troppo frizzante (come in Ah che orror…troppo soffrir).
Insieme creano una dinamica zoppicante che l’orchestra in versione “consulente di coppia” riesce con tanta fatica e fin troppo mestiere a tenere insieme. Bravi loro.
L’impressione d’ascolto è coerente con la componente attoriale della recita in cui la (fin troppo) carnale Tosca non riesce mai a librarsi d’amore tra le braccia di un ingessato Cavaradossi.
Park tutto sommato piacerebbe per una voce sempre precisa, potente e intellegibile e se riuscisse a sacrificare un pizzico di potenza a favore di una capacità espressiva più ampia potrebbe anche ambire a ben più alte critiche. Un Alto, Vigoroso e fiero Gabor Bretz ha le physique du rôle per recitare Scarpia, ma poco altro. Anche qui il registro interpretativo è troppo monotono. Peccato. Alla fine, sembrano più in tiro gli altri personaggi rispetto ai principali.
Questa onesta Tosca natalizia lascia una certa piacevolezza nelle orecchie. Non resterà scolpita nella memoria e nell’animo ma è sufficiente a scaldarci in una gelida notte invernale. Verranno rappresentazioni migliori.
Tosca tocca l’apogeo della crudeltà umana e ancora oggi dopo quasi centodiciotto anni i suoi eroici morti forse vagano nell’Ade, aspettando che sia compiuto il disegno di questa grande nazione chiamata Italia-
Fortunatamente, ne abbia merito Puccini, l’attesa è accompagnata da esaltanti momenti musicali anche attraverso oneste e piacevoli rappresentazioni come questa. Piacevole sì, ma troppo poco espressiva per esprimere cotanta crudeltà.
Ciro Scannapieco
Foto Rocco Casaluci