Se scorriamo la biografia di Tosti ci troviamo di fronte ad un uomo dal senso pratico sviluppatissimo e accompagnato da un savoir faire da fine diplomatico.
E, a proposito di diplomazia, il rapporto del Nostro con l’Inghilterra ha inizio proprio in una soirée all’ambasciata della Corona Inglese a Roma nel 1874, evento cui Tosti si era, diremmo oggi, imbucato senza esservi stato invitato.
L’astuzia e il coraggio messi in campo dal musicista dimostrano quanto fosse pressante il desiderio di accreditarsi Oltre Manica.
«Racconta Emidio Agostinone che Tosti, una sera, sapendo che un amico era stato invitato per una soirée all’Ambasciata inglese, desideroso di vedere almeno una volta quell’ambiente e non potendo diversamente, tentò d’entrarvi senza regolare invito, fidando nell’abilità del suo sarto e nella sua presenza di spirito.
Durante il trattenimento musicale, per un incidente, non si riusciva a trovare chi accompagnasse in maniera decorosa una romanza.
Egli, appartato in un angolo come escluso da quel mondo, ardì farsi avanti per provare: riuscì a stupire e a meravigliare i presenti e il giorno dopo ricevette, insieme ai più vivi ringraziamenti, un biglietto da cinquecento lire. Benché bisognoso, restituì il denaro, ponendosi a disposizione dell’Ambasciata, di cui divenne presto uno dei frequentatori più assidui e desiderati» (Francesco Paolo Tosti, Franco di Tizio).
L’episodio testimonia di quelle virtù di Tosti: l’arditezza dell ’autoinvito e la captatio benevolentiae nel declinare l’offerta, modesta ma non misera, di 500 lire, confidando in ben più lauti introiti che sarebbero derivati da un suo accreditarsi a Londra.
Fin dalla successiva primavera 1875, il musicista cominciò a frequentare la società della capitale inglese, l’editore Chappel gli assicurava 10.000 lire per ogni brano che Tosti componesse, con l’obbligo di comporne almeno quattro ogni anno, dovere che la prolificità del musicista superò di slancio, riservandosi anche di destinare ad altri quanto sopravanzasse.
Cinquecento lire decisamente bene investite!
L’affabilità di Francesco Paolo lo portò a stringere amicizia, che diremmo persino fraterna con il principe di Galles, con cui divise feste, inviti e numerose scappatelle: “il nostro Cisillo” era solito definire Edoardo VII, allora principe e futuro re, il compositore abruzzese.
Ma un vero diplomatico sa come intrattenere relazioni lontano dalla patria, e pure come tenere saldi i legami con il proprio paese; così, anche per stringere rapporti con i necessari “collaboratori della rima”, che di certo non abbondavano in oltre-Manica, Tosti faceva periodicamente ritorno a Roma, in quel cenacolo di intellettuali che era il “Capitan Fracassa”, nella cui Sala Gialla si riunivano poeti, drammaturghi, pittori e musicisti più alla moda in Italia.
Nulla, o quasi, sembra fosse lasciato al caso o rispondesse a mero diletto nei piani del compositore abruzzese.
Nella capitale italiana certo non mancavano echi della scapigliatura che invece impazzava a Milano; si trattava più ancora che di una corrente letteraria, di un vero e proprio fenomeno estetico, una nuova filosofia dell’arte che avrebbe condotto, in pochi decenni, alla nascita del futurismo e del verismo.
Il tramite di Tosti con le emergenti realtà scapigliate è quel personaggio eclettico, letterato e musicista, che è Arrigo Boito, la cui cognata, Madonnina Malaspina, comporrà i versi di alcune romanze da salotto tostiane.
È difficile tracciare un confine netto tra i rapporti di collaborazione e quelli di amicizia che legarono Tosti ai poeti, e ciò dipende dalla circostanza che le due principali virtù, pragmatismo e affabilità, del Nostro si trovavano a convergere nei rapporti con gli artisti della rima.
Con il solo D’Annunzio il sodalizio si sviluppò su un piano di maggiore affettività amicale, forse anche per la conterraneità tra i due artisti.
A Londra, dopo anni di quasi libertinaggio, Tosti decise di convolare a nozze e individuò il buon partito nella signorina Berta Pierson, nata a Bruxelles, nipote del diplomatico francese Lesseps, che aveva progettato con Negrelli il taglio dell’istmo di Suez. Vissuta a Parigi, a Liegi, a Berlino, ad Amsterdam e infine a Londra, Berta era un passaporto in gonnella, una donna che aveva accesso presso tutte le sedi diplomatiche d’Europa.
Nel 1888 la coppia si unì in un matrimonio che si rivelerà stabile oltre ogni previsione.
Londra aveva dato al musicista notorietà, denaro e ora anche una famiglia, quasi a compenso egli aveva introdotto nel gusto musicale borghese inglese una sensualità tutta mediterranea.
«Quanto il signor Tosti introdusse da noi per il primo le sue canzoni italiane e francesi, la nostra ballata inglese ricevette una forte scossa, divenne meno dozzinale. La varietà e la finezza, che in questi ultimi anni si riscontrano nelle nostre canzoni popolari, si devono senza dubbio in gran parte alla dolce influenza meridionale del musicista che venne a noi pel primo “dal paese delle canzoni”, or sono quattordici anni…» scrive Lionel Monkton nel 1890 sulle pagine di “Our Celebrities” di Londra.
Nel maggio del 1906 Tosti prendeva la cittadinanza inglese, ma l’artista ebbe a precisare come quella fosse stata una sorta di “distrazione di artista”, mentre appare assai probabile si sia trattato del saldo di un debito di riconoscenza verso la nazione che gli aveva dato celebrità, in anni che preannunciavano conflitti continentali, esplosi meno di un decennio più tardi.
«Quel prendere la cittadinanza inglese, lo confesso sinceramente senza darmi delle pose, fu una vera distrazione di artista, se si può dire.
Compiendo querelato che mi si rimprovera come una colpa, non immaginavo neppure di venir meno ai doveri di cittadino italiano, perché l’Italia, giuridicamente e spiritualmente rimaneva sempre la mia Patria, il mio Paese, il mio culto devoto e tenace. (….)
Fra qualche anno ritornerò definitivamente in Italia ed abbandonerò l’Inghilterra.
Verrò, forse, nel nostro Abruzzo, a trascorrere i miei anni insieme alla mia buona Berta, che ama tanto il nostro Paese.» dichiara Tosti in una intervista concessa a Giuseppe Imbastaro su “La Tribuna” il 3 settembre 1908.
Alcune cronache italiane degli anni di soggiorno londinese del Tosti, suggerirono un’ipotesi suggestiva quanto mossa da pruderie, circa la motivazione, diremmo, sentimentale, della partenza del musicista alla volta dell’Inghilterra.
Pochi mesi prima che Tosti salpasse per attraversare la Manica, le relazioni tra il maestro e una sua allieva di sangue reale, Margherita di Savoia, sarebbero divenute, per così dire, più che amichevoli.
Un Regno da poco unificato e con vari focolai in armi, ai confini e non solo, non poteva permettersi dicerie di sorta sui costumi della famiglia regnante.
Nulla di questa presunta relazione pericolosa trapelò prima della partenza e alcuna memoria di essa rimase al ritorno in patria dell’eroe della Romanza, ma, nel dopoguerra l’Istituto Nazionale Tostiano, acquisì agli atti carteggi che rafforzavano l’ipotesi.
Mariapaola Meo