La sirena figlia di Calliope

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Ci è piaciuto molto Luca Zingaretti, attore conosciutissimo, che per due serate consecutive, il 27 ed il 28 giugno 2017 ha prestato la sua voce, in un reading intenso e poetico nell’ambito del NTFI, per l’occasione dislocato nel chiostro del Duomo di Salerno. Un pubblico numeroso ed attento ha potuto ascoltare un bel racconto breve, forse uno dei migliori della nostra letteratura, intriso com’è di suggestioni e scritto con accurata perizia da Giuseppe Tomasi di Lampedusa – famoso autore del Gattopardo – negli ultimi mesi di vita e pubblicato postumo nel 1961. Si tratta de La sirena, che la vedova dello scrittore avrebbe voluto titolare Lighea, di cui Zingaretti ha curato regia e drammaturgia, accompagnato nella lettura da uno strepitoso Fabio Ceccarelli alla fisarmonica su musiche composte da Germano Mazzocchetti. Uno spettacolo rodato, allestito dall’artista “fulminato dalla bellezza delle pagine di Tomasi di Lampedusa” e “colpito dalla straordinaria sensualità che vi si ritrova. Una sensualità che viene fuori prepotente alla fine, durante il racconto dell’avventura amorosa tra la sirena e il professore ventiquattrenne, ma che si avverte fin dalle prime parole: gli amori del giovane giornalista, il tepore del sole siciliano, i profumi e i sapori della Sicilia, il suo mare, la melanconia di un vecchio caffè torinese e la nostalgia per una giovinezza andata.”
Sono due i personaggi siciliani che nell’autunno del 1938 s’incontrano in un bar torinese. Il primo è un giovane palermitano redattore de La Stampa, laureato in legge: Paolo Corbèra, in piena crisi di misantropia perché piantato contemporaneamente da due belle tote (la numero 1 e la 2), il secondo è uno scontroso vecchio che si presenta così: “Infagottato in un vecchio cappotto, con un colletto spelacchiato di astrakan, […] sputa sempre […] ha bruttissime mani […] con le unghie non sempre pulite …”. Rosario La Ciura, vive della sua pensione di senatore, è però il più illustre ellenista esistente, affascinante nella sua vasta erudizione che modula con toni sapienti: “Aveva una voce quanto mai coltivata, l’accento impeccabile […] una voce stranamente musicale.” La simpatia entra in gioco quando casualmente scoprono la sicilianità comune e dal quel momento fra i due nasce una cordiale amicizia. Ricordando gli odori e i sapori dei ricci di mare, del rosmarino, degli agrumeti, la Sicilia viene descritta dal vecchio con un linguaggio sensuale, con metafore quasi erotiche che preparano il passaggio dall’espressione figurata a quella reale, ovvero all’avventura sessuale, fantastica, narrata dopo. L’amicizia induce alla confidenza delle esperienze amorose e mentre quelle del giovane sono ordinarie, quella del professore sprigiona incanto e mistero, nostalgia e languore da incrinare la voce. Da giovane, in vacanza di studio ad Augusta, durante una gita in barca, rievoca all’amico, incontrerà stupito, una bellissima sirena, con la quale farà all’amore come mai più in vita sua, condannandosi di fatto all’ascetismo, poiché da quel momento non potrà accontentarsi di niente di meno. “Mi voltai e la vidi […] il volto liscio di una sedicenne emergeva dal mare. […] Sono Lighea, sono figlia di Calliope. […] Mi piaci, prendimi”. Lighea era come la si raffigura nell’immaginario collettivo, metà donna e metà pesce. “Aveva una voce che sembrava un canto […] un po’ gutturale, velata, risonante di armonici innumerevoli. […] Il suo parlare era di un’immediatezza potente che ho ritrovato soltanto in pochi grandi poeti”, e l’innamoramento è all’istante per quella sua “bestiale gioia di esistere, una quasi divina letizia”, per un “profumo mai sentito, un odore magico di mare”. Quando agosto finisce, la sirena torna al suo mondo acquatico lasciandolo con questa promessa: “Ricorda, quando sarai stanco, quando non ne potrai proprio più, non avrai che da sporgerti sul mare e chiamarmi: io sarò sempre lì e la tua sete di sonno sarà saziata”. Il racconto, ritornando al tempo presente della vicenda, ha termine quando un comunicato giunto al giornale di Corbèra annuncia che il vecchio imbarcatosi sul Rex a Genova, era caduto in mare nei pressi di Napoli e che il suo corpo non s’era mai più trovato… Molto calato nel clima fantastico in cui l’immaginario disvela aneliti spirituali in cui “la sirena diventa ideale di bellezza e compiutezza e anche ideale di immortalità laica” l’attore avvalendosi di una recitazione ora controllata, ora amplificata, ora frammentata da pause significative, ora variata nel timbro e nelle dinamiche, riesce a vivificare un testo che si presta a numerose letture, non ultima quella psicanalitica. Bravo e coinvolgente Zingaretti, applauditissimo, ha concluso la serata con una breve poesia, mentre il fisarmonicista ha lanciato le sue abile dita sullo strumento per un brano ritmato.

Dadadago

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