«Poche opere dell’Ottocento le stanno alla pari: il mondo della musica non potrebbe esistere senza Carmen», così afferma il musicologo Gustavo Marchesi ed è con questo inossidabile capolavoro di G. Bizet che si apre la stagione lirica del Teatro Verdi di Salerno venerdì 28 aprile 2017.
«Un’opera profondamente moderna in sintonia con il carattere “speciale e rivoluzionario” della protagonista femminile che possiede una sensualità libera e vitalistica che occupa un ruolo importante, dove la ricerca di libertà diventa utopia e scivola lentamente in una tragedia annunciata» secondo il regista Renzo Giacchieri che pur non distaccandosi da una visione tradizionalmente spagnoleggiante sorprende e coinvolge, trasformando nel finale l’intero teatro in una arena per toreador con pubblico, fazzoletti alla mano, salutante la coloratissima quadriglia di Escamillo che ha invaso la platea, insieme ai ballerini coreografati da Edmondo Tucci. Un allestimento che fa però i conti con una scenografia bianca e fissa durante i quattro atti, non particolarmente confacente al clima di esotismo assolato mediterraneo, di volta in volta adattata con le videoproiezioni di Jean-Baptiste Warluzel, animata da pochi oggetti di scena e dai bei costumi di Giusi Giustino, mentre molto studiato e in atmosfera il gioco delle luci che arricchisce di pathos i vari quadri. Su questo sfondo si muovono i personaggi creati da Meilhac, Halévy, Bizet nella rilettura filologica scelta dal Maestro Daniel Oren, ovvero testo in francese e dialoghi parlati. In primo atto connotato dal biancore dei costumi delle sigaraie e della stessa ammaliante gitana, dalle divise di dragoni e ufficiali, dai popolani che galanti e gentili, offrono fiori rossi alle prorompenti operaie, appare subito chiaro che le vere protagoniste sono le voci femminili.
Veronica Simeoni, mezzosoprano, seguendo le intenzioni del regista – che affascinato dal personaggio lo spoglia di quella carnalità volgare da romanzo d’appendice a favore di una seduzione più cerebrale, più complessa, contenuta ed elegante, se vogliamo, ma istintiva; che balla, canta, danza conscia della sua forza e della sua bellezza, sfrontata quanto basta nel suo insopprimibile bisogno di libertà – è una Carmen diversa dalla tradizione.
Il suo canto, omogeneo, timbrato, pieno di nuances unito ad una tecnica che le consente mezze voci seducenti e la sua presenza scenica misurata ma eloquente, ne fanno la protagonista indiscussa della serata.
Bravo anche il soprano Alida Berti, che presta alla delicata Micaëla, contraltare della femminilità dirompente di Carmen, la sua bella voce rotonda, ricca di colori e la sua perizia che le consente di brillare della difficile aria del terzo atto, Je dis que rien ne m’épouvante. Molto buone le prove del Coro diretto da Tiziana Carlini, rinvigorito da nuove presenze e ben disposto sulla scena, così come quello dei bambini diretto da Silvana Noschese. Il tenore Francesco Pio Galasso è un Don José già con qualche affanno vocale nel difficile duetto iniziale con Micaëla, e seppur in crescendo nel terzo e quarto atto, non convince ed appare smarrito ed artefatto dal punto di vista attoriale. Giulio Boschetti, baritono votato al ruolo di Escamillo offre una prova troppo caricata, poco controllata, vocalmente poco poggiata nel registro basso e sembra mancare il bersaglio. Da plaudire Raffaele Raffio, giovane baritono nella parte di Moralès, Antonella Carpenito (Mercédès) e Stefanna Kybalova Frasquita, i due contrabbandieri Fabio Previati e Francesco Pittari, Carlo Striuli in Zuniga.
A Daniel Oren sanguigno ed ispirato da sacro furore, va riconosciuto il merito di accompagnare i cantanti con particolare sollecitudine come pochi direttori, sacrificando talvolta i tempi, e l’indubbia incisività nel fraseggio, nel volume e nella ricerca del colore orchestrale.
Applauditissima Carmen al Teatro Verdi di Salerno, in replica domenica 30 aprile alle ore 18,30 e martedì 2 maggio alle ore 19.
Dadadago